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    TB Art Passport
    A CENA CON L'ARTISTA | ANDREA MASTROVITO
    [= Andrea == Mastrovito = 01.03.2014 =]
    01.03.14

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        [== LINK ==]

    The Blank Kitchen. A cena con l’artista Andrea Mastrovito

    Sabato 1 Marzo 2014, ore 20.00
    The Blank, via G. Quarenghi, 50 – Bergamo

    THE BLANK BOARD | INTERVISTA A ITALO CHIODI
    [=== THE == BLANK === BOARD ==== INTERVISTA === A = ITALO == CHIODI ==]
        [== LINK ==]

    In occasione di ARTDATE 2013,
    Italo Chiodi aprirà il suo studio in via Don Giuseppe Ronchetti 11, Bergamo
    Domenica 19 Maggio dalle 10.00 alle 14.30

    THE BLANK BOARD

    un progetto a cura di Claudia Santeroni e Maria Zanchi

    Intervista di Claudia Santeroni
    Photo di Maria Zanchi

    Inizierei come sempre chiedendoti della tua formazione.

    Sono figlio d’arte, mio padre dipingeva, per cui da ragazzo facevo qualcosa, anche solo per una sorta di istintività familiare. La vera partenza di tutto è però un incidente che ho avuto quando, a vent’anni facevo il lattaio, che mi ha fatto capire che dovevo cambiare strada, riprendere gli studi che in precedenza avevo abbandonato. L’unica scuola alla quale potevo accedere, in ritardo nelle iscrizioni, era l’Accademia Carrara, che all’epoca era concepita come una bottega-laboratorio nella quale alcuni insegnanti ti accompagnavano nell’apprendimento delle varie tecniche artistiche. Successivamente il destino mi ha portato a Brera, dove ho studiato pittura per altri quattro anni. Oggi qui insegno ‘Disegno’ dopo aver peregrinato per alcuni anni in varie Accademie italiane.

    Quando inizi ad occuparti della tua ricerca artistica?

    Guardandomi indietro, mi sono reso conto che il perimetro del mio lavoro nasce nel luogo dove ho costruito i miei primi passi, Villa d’Ogna, un piccolo paesino della bergamasca. Il fiume, la fabbrica, il bosco e un canale d’acqua, sono stati gli elementi sui quali ho formato il mio sguardo e dove volentieri sono sempre ritornato. Di volta in volta i segni e i gesti del paesaggio si sono trasformati in linguaggi diversi, diventando pittura, scultura, installazione. Mi è difficile all’oggi definirmi o darmi una etichetta. Non mi direi né scultore, né pittore, ma artista, ma non in modo presuntuoso, ma artista in quanto operatore all’interno di questo mondo; amo occuparmi di arte e utilizzarne tutti i mezzi che i vari linguaggi mi offrono per sviluppare l’idea che in quel momento ho in testa.

    Qual è la tua fonte d’ispirazione?

    La più grossa fonte di ispirazione è la natura, anche se, vivendo in città da molti anni, ho un forte legame anche con l’ambiente urbano. Ultimamente sto lavorando sull’idea della natura all’interno della città, ad esempio il fiore o piccole piante che nascono sugli spigoli o sui tetti delle case, negli angoli dei marciapiedi o in luoghi abbandonati, e non solo di periferia. Questi elementi che sto osservando da un po’ di tempo diventano piccoli corridoi naturali che collegano ambienti diversi: la natura e la città, il fuori e il dentro.

    Il tuo  progetto lavorativo attuale si impronta su questa tematica?

    Il lavoro di cui mi occupo ora ha come elemento principale il seme, come metafora del viaggio, della migrazione all’interno dei luoghi. Lo spostarsi va a costruire nuove abitabilità, allarga costantemente i confini, il perimetro del proprio vivere. In un primo momento, come faccio di solito, ho prodotto una serie di disegni, che mi hanno aiutato ad entrare meglio nell’idea, a chiarirmela, poi mi sono concentrato su uno in particolare, che ho voluto ingrandire. Per sviluppare questa idea sto utilizzando la pittura ad acrilico, con aggiunta di segni a matita, carboncino, mordente.

    Collabori con una galleria?

    Ho fatto alcune mostre in qualche galleria ma, una sorta di collaborazione continua non l’ho mai avuta. Mi sono sempre mosso, un po’ anche per scelta, fuori dai circuiti soliti. Ho avuto qualche proposta che però non coincideva con l’idea che avevo io dell’esposizione e inoltre perché per molti anni ho voluto investire nell’insegnamento, professione che amo molto. Nel periodo milanese ho fatto diverse mostre insieme ad un gruppo di compagni di scuola, ma non mi apparteneva l’idea di cercare un luogo e doverci dividere lo spazio per esporre i lavori. Avevo la necessità in quegli anni di un un modo diverso di interpretare l’idea di spazio espositivo. Mi sono allontanato da quel gruppo, ed ho iniziato una serie di relazioni con altri artisti più vicini a me e a quella idea che mi ronzava in testa. Con loro ho condiviso per anni un percorso, improntato sul creare opere che si relazionassero allo spazio espositivo, lavorando per progetti “site specific”. Contemporaneamente insegnavo, quindi non avevo l’ansia di dover vendere i miei lavori. Questo meccanismo dei progetti, che mi appagava poeticamente, probabilmente mi ha escluso dalle gallerie. Ritenevamo che ogni elemento che concorreva alla realizzazione della mostra, compreso il catalogo, fosse importante. Per questo dedicavamo molto tempo alla progettazione sia delle opere che della collocazione di queste nello spazio. Doveva risultare qualche cosa di unitario di collettivo, a scapito a volte dell’aspetto individuale. Per dieci anni ho lavorato in questo modo, soprattutto insieme ad altri 3 artisti. Questo per me è diventato un’enorme ricchezza intellettuale, che cresceva di pari passo alla mia ricerca individuale.

    Un artista che ammiri che  ti ha preceduto ed un contemporaneo che ti incuriosisce.

    Io sono una sorta di “tuttivoro”. Mi piace Anselm Kiefer, Christian Boltansky, Sean Scully, ma allo stesso tempo amo Richard Long, la pittura medievale, le sculture egizie e l’arte primitiva. Credo esista una sorta di “modo di essere artista”, che si traduce in epoche differenti, producendo opere diversissime fra loro, ma accomunate da un filo rosso.

    Come influisce il tuo ruolo di insegnante nella tua ricerca? Una linfa cui attingere, una fonte di ispirazione, una distrazione …

    Non mi sento distaccato da niente, tutto mi appartiene e tutto sono io. Sono un’entità unica, che si sviluppa in più settori, cercando di lavorare creativamente in ciascuno di essi senza discontinuità. Ogni luogo che frequento e ogni persona che incontro mi offre stimoli diversi. Come mi piace dire: noi siamo tutti i luoghi e tutta la gente che incontriamo.

    Un tempo studente della Carrara e di Brera, oggi insegnante dell’Accademia. Una tua lettura sui mutamenti del panorama accademico.

    I linguaggi e le esigenze sono completamente cambiate. Oggi esistono: il digitale, Skype, internet, facebook, le email … e tutto questo è fantastico. I giovani della mia generazione non ne hanno certo potuto godere, ma avevano altri linguaggi, altri mezzi, altre esigenze. Come insegnante cerco sempre di offrire quello che sono e che ho costruito, facendo amare ai miei studenti innanzitutto il linguaggio del disegno e tentando di trasmettere loro l’amore per i dettagli, per le piccole cose, la differenza fra carte diverse, tra le differenti attrezzature, l’idea di viaggio e del viaggiare, di navigazione e del navigare. Capisco siano raffinatezze della mia generazione, che non appartengono alla concezione della realtà dei miei alunni che stanno vivendo i loro anni di formazione oggi, improntati sulla velocità e sulla fruizione rapida. I nostri sguardi forse vanno in direzioni diverse, ma diventa importante per me la compresenza di punti di vista e di punti panoramici differenti. Devo considerare che avrò nel tempo sempre studenti ventenni. Fra cinque anni insegnerò a ventenni. Questi saranno nativi informatici, e dovrò comunque portarli a sviluppare uno sguardo lento sulle cose e spero di riuscire ad insegnare loro la bellezza della natura con i suoi ritmi e l’idea dei semi come metafora del viaggio, della migrazione e della rigenerazione nel lento mutarsi delle cose.

    Inserimento dei giovani artisti nel panorama contemporaneo. La tua lettura da artista indipendente e insegnante dell’Accademia di Brera.

    Anche in questo caso i tempi sono cambiati. Molti dei miei colleghi a scuola mi raccontavano che da giovani, ancora in molti casi ancora studenti, venivano chiamati dalle gallerie. Appena producevano qualcosa avevano la possibilità di esporla e di venderla. È vero che forse erano meno di adesso e le gallerie forse più disposte ad investire sui giovani. Ritagliarsi uno spazio oggi per i giovani è un po’ più difficoltoso. Il disegno e la fotografia per esempio sono state considerate le cenerentole del mondo dell’arte, mentre oggi vengono considerate a oggetti artistici a pieno titolo. Penso che sia necessario cambiare la logica e la modalità di esporre, perché sono diverse anche la percezione e la fruizione delle opere. Ogni linguaggio è vivo, e per questa ragione necessita di trasformazioni costanti per evolversi. I giovani artisti devono essere capaci di intuire ed inventare nuove formule che rispondano alle richieste della contemporaneità.

    The Blank Board | Intervista a Mario Cresci
    [=== The == Blank ===== Board ===== Intervista == a ==== Mario ==== Cresci ==]
        [== LINK ==]

    In occasione di ARTDATE 2013,
    Mario Cresci aprirà il suo studio in via Garibaldi 19, Bergamo
    Sabato 18 Maggio dalle 15.00 alle 17.00

    THE BLANK BOARD

    un progetto a cura di Claudia Santeroni e Maria Zanchi

    Intervista di Claudia Santeroni
    Photo di Maria Zanchi

     

    Raccontaci come sei arrivato a Bergamo.

    Si può dire che questa sia la mia ‘second life’. Sono arrivato a Bergamo agli inizi degli anni ’90, chiamato da Carlo Bertelli, per dirigere l’Accademia Carrara di Belle Arti. Qui ho iniziato una seconda fase della vita, imprevista rispetto alle mie aspettative perché lavorare in una scuola significa anche occuparsi degli altri. Ad essere sincero la dimensione educativo – formativa era già iniziata in Basilicata, ma lì lavoravo a stretto contatto con giovani che non si occupavano prettamente di Arte, mentre è stato a Bergamo che ho preso contatto con i programmi della formazione artistica e riallacciato i rapporti con gli artisti. Quando ho iniziato a insegnare alla Carrara di Bergamo ho trovato un contesto difficile, in cui era complicato occuparsi di Arte Contemporanea, perché sembrava non interessare. Il mio ruolo è stato quello di rompere il ghiaccio, perché desideravo che l’Accademia diventasse un luogo di ricerca, aperto a tutte le sfaccettature della creatività. Nel 2000 è cessato il mio impegno con l’insegnamento e ho potuto iniziare a occuparmi nuovamente della mia ricerca personale: ho lavorato come un matto e quanto ho prodotto negli ultimi dieci anni è molto più intenso e articolato rispetto a tutto quanto avevo realizzato in precedenza.

    Quando scaturisce la tua fascinazione nei confronti del mezzo fotografico?

    È successo casualmente devo dire! Ho fatto il Liceo Artistico a Genova e in quegli anni non si studiava Fotografia o Grafica; erano materie lontane anni luce dai Licei e dalle Accademie, dove si insegnavano Scultura e Pittura … Cosi ho iniziato a fotografare per hobby. Successivamente mi sono iscritto a Venezia al Corso Superiore di Industrial Design,che era appena stato istituito. Mi piaceva questa nuova forma d’arte e mi interessava la progettazione degli oggetti, per cui anziché all’Accademia o ad Architettura, mi sono iscritto lì dove c’era anche ‘Fotografia’, materia che ci veniva insegnata in modo molto sperimentale. Se ti trovi nel contesto giusto durante gli anni della formazione, apprendi, crei, produci: è l’età che più ti forma e per me è stato così a Venezia. Se non avessi fatto quella scuola, dopo non avrei fatto certe ricerche. Grazie alla formazione non accademica ho imparato a trasferire i vari insegnamenti nella mia pratica fotografica. A Venezia è nata infatti la mia prima serie dei quadrati: dipingevo un quadrato rosso sul muro e facevo 36 scatti usando il grandangolare, creando 36 forme diverse non più quadrate. Era un omaggio a Malevich.

    Ti formi nello stesso periodo di altri grandi fotografi italiani, Ghirri, Jodice, Guidi, Basilico. È vero che i giovani fotografi italiani sono ancora legati alle stesse tematiche visive che trattavate voi? Che devono ancora ‘elaborare il lutto di Ghirri?

    Si! È vero, anche se meno rispetto ad alcuni anni fa. Ghirri usava la macchina fotografica, ma la sua mente era quella di un artista:straordinaria! È morto nel ’92 e non si è neanche potuto godere la sua gloria, perché è stato scoperto dopo. Eravamo molto amici e abbiamo fatto anche dei lavori insieme. Luigi veniva da una formazione particolare, aveva studiato come Geometra e anche lui sosteneva che la scuola era stata fondamentale. Tutti gli artisti fotografi della mia generazione hanno dovuto convivere con il pregiudizio che chi si occupava di Fotografia non faceva Arte. I due mondi venivano considerati separati e la cultura del fotografico in Italia non era mai stata né insegnata, né coltivata. Anche oggi molti storici di Arte Contemporanea non sanno nulla di Fotografia. Personalmente, ho tratto giovamento dall’approfondimento di artisti provvisti di una ‘multisensorialità’, come Boetti o Paolini perché per me la fotografia non è solo legata all’atto del vedere, ma è un atto di coinvolgimento totale.

    L’atteggiamento della critica ha veicolato questo discorso di aderenza alla tipologia di immagini di matrice ghirriana – paesaggistica?

    In parte si. L’opera di Ghirri è stata studiata da decine di autori diversi, ma nessuno l’ha analizzata come andava invece fatto; servirebbe una lettura più approfondita. Luigi lavorava con il metodo che adottavamo noi in quegli anni,ovvero quello della serie, per cui ogni scatto va considerato come un’opera a sé stante, una storia. Il suo percorso è stato letto in maniera sommaria; ci sono decine di opere che nessuno conosce, come la serie degli autoritratti, splendida.

    Ultimamente vengono spesso approfonditi i nessi fra Fotografia e Scultura. Come leggi questa inclinazione a voler indagare l’immagine fino al punto da tradurre la sua bidimensionalità in qualcosa di fruibile tridimensionalmente?

    Questa è un’esigenza che affonda le sue origini addirittura nella scuola di Dusseldorf e nell’insegnamento dei Becher che, non a caso,vinsero il premio della Biennale per la Scultura e non come fotografi.  Fotografavano le costruzioni di archeologia industriale come se fossero delle grandi sculture, delle quali non volevano però dare una connotazione solo fotografica, ma intendevano interpretarle come strutture autonome, segni possenti. È un operazione molto interessante, perché l’immagine bidimensionale se viene estrapolata dalla sua dimensione e percepita, ha una vocazione tridimensionale fortissima. Come ho già detto, in quegli anni l’Accademia di Dusseldorf vantava dei mostri sacri come docenti: i Becher perla Fotografia e Richter per la Pittura ed è questa compresenza di personalità forti che l’ha fatta diventare un punto di eccellenza nella formazione degli artisti, da Gursky a Struth o Ruff.

    Nel panorama artistico contemporaneo, un giovane che ha l’ambizione di emergere è indotto a sperimentare  e ricercare, o piuttosto a fossilizzasi su delle immagini vendibili limitando il suo percorso?

    Il rischio è quello che si riducano  a fare cose modaiole per accontentare la richiesta. Mi viene in mente una frase che disse Angela Vettese: “artisti non si nasce, ma si diventa”.  Chi desidera fare l’artista deve relazionarsi ai meccanismi e ai gusti del mercato, ma è una modalità che secondo me non ha più a che fare con l’Arte, perché la gestione della produzione artistica dovrebbe rimanere estranea rispetto alla ricerca che si conduce. È un vecchio problema. Ricordo che alla fine degli anni ’70 andammo io e Ghirri alla Galleria Marconi di Milano, invitati perché al gallerista interessava vedere i nostri lavori. Eravamo felicissimi. Giudicò le opere interessanti e ci disse che ci avrebbe ricontattati dopo qualche giorno. Passarono i mesi e fui costretto a telefonargli per sapere che ne era stato delle nostre fotografie.Tornammo a Milano e lui ci disse che non era più interessato, perché dalla vendita di un quadro poteva ricavare molti soldi, mentre da una fotografia no.E questo è accaduto con un gallerista importante! Purtroppo quando un’opera entra nel circuito del mercato diventa merce. Pochissimi investono sui giovani,che fanno una fatica immensa a entrare nel sistema, perché spesso il mercato punta sempre sugli stessi nomi. L’idea che ha accompagnato sempre la mia vita creativa è stata quella di continuare a ricercare. Non apprezzo chi continua a produrre per anni sempre le stesse cose. Non avendo mai avuto rapporti stretti con le gallerie ho potuto lavorare liberamente, senza condizionamenti (anche se al limite della sopravvivenza … ).

    È l’artista che accresce il potere di una galleria o il contrario?

    Oggi l’artista deve essere una macchina da guerra, capace di sfruttare le strategie di marketing. I giri grossi si creano in sede d’asta:se Sotheby’s, ad esempio, vende a 40.000 Euro l’opera di un artista, allora tutte le gallerie che posseggono questo autore possono alzare il prezzo dei suoi lavori. Quelli della mia generazione iniziano a vendere adesso ché abbiamo superato i sessanta anni. L’artista anziano vende di più, né per meritocrazia né perché è una vita che ricerca. Ghirri a cinquanta anni non vendeva una foto.Io stesso non ne ho mai venduta una prima dei sessanta anni! La maturità è un elemento che facilita l’acquisto, perché l’artista diventa un potenziale investimento.

    Come si sente una persona che ha dedicato la vita alla sua ricerca artistica, quando comprende un meccanismo simile?

    Ti rendi conto della realtà! Personalmente non mi preoccupo tanto per me stesso, quanto per il destino della vostra generazione. Un altro problema correlato a questo è la gestione del patrimonio artistico di artisti viventi o scomparsi: c’è la corsa all’accaparramento delle opere e il corpus del lavoro viene smembrato, pochissimi si occupano di istituire delle Fondazioni, di creare degli archivi e questo incide sulla trasmissione della cultura.

    Le persone che leggeranno l’intervista conosceranno già parzialmente il tuo lavoro, però vorrei dare anche un’infarinatura generale di quella che è la tua ricerca e fare un parallelo con una piccola spiegazione tra un lavoro importante del passato e l’ultimo a cui ti sei dedicato.

    Nei primi anni ’70 lavoravo insieme ad un gruppo che si chiamava ‘Il Politecnico’. Loro facevano i piani regolatori e io mi occupavo della parte visiva. È in questo contesto che nascono i ’Ritratti reali’, una serie composta da circa quaranta opere, ciascuna un trittico. La prima immagine è una visione generale dell’ambiente domestico; fotografavo le persone che trovavo nelle case in quel momento, chiedendo loro di guardare verso l’obiettivo. Nella seconda immagine c’è sempre qualcuno che tiene in mano una fotografia di famiglia, scelta dai proprietari di casa (mi interessava anche indagare il tema della fotografia nella fotografia). Infine ho sempre fotografato da sola, distesa sul pavimento, la fotografia di famiglia scelta, isolata da tutto. È un’opera  in cui l’aspetto antropologico-documentaristico della fotografia si collega a quello concettuale-estetico. Invece l’ultimo lavoro a cui mi sono dedicando nasce in maniera strana, da un incidente di percorso: mentre stampavo la macchina si è inceppata, strappando la carta. Stavo per distruggere tutto, disperato, ma mi sono fermato e ho iniziato a piegare l’immagine stampata finché ho potuto. Poi l’ho montata su un foglio di carta bianca e messo il tutto sotto plexiglass. Il titolo è ‘I piegati’. Molti lavori nascono da errori … anche se di solito non lo si racconta.

    Abbiamo la nostra città candidata a Capitale della Cultura 2019. Una tua lettura.

    Mi sembra un’operazione di facciata, anche ambiziosa,quindi sono molto scettico. Non mi entusiasma, perché non so se possa provocare un cambiamento sostanziale. Potrebbe essere infatti un incentivo per coloro che operano sul territorio, nel pubblico e nel privato, per realizzare un programma culturale credibile… ma non ci sono i soldi per farlo!

     

    THE BLANK BOARD | INTERVISTA A PAOLO BARALDI E DANIELE MAFFEIS DI UPPER ART
    [= THE === BLANK == BOARD ======= INTERVISTA == A ==== PAOLO == BARALDI ===== E == DANIELE ==== MAFFEIS == DI == UPPER === ART ===]



        [== LINK ==]

    In occasione di ARTDATE 2013, Paolo Baraldi, Daniele Maffeis e Simone Longaretti apriranno il loro studio upper Art in via Pescaria 1, Bergamo

    Venerdì 17 Maggio dalle 21.00 alle 24.00

     

    THE BLANK BOARD

    un progetto a cura di Claudia Santeroni e Maria Zanchi

    Intervista di Claudia Santeroni

    Photo di Maria Zanchi

     

    Cosa è upper Lab?

    PAOLO BARALDI – E’ un’associazione che gestisce lo spazio omonimo, nel quale si svolgono attività di coworking. Ospita diverse realtà che collaborano, fra le quali una è upper Art, composta da me, Simone Longaretti e Daniele Maffeis; siamo tre artisti che portano avanti la loro ricerca individuale e curano la parte espositiva dello spazio. Le altre realtà sono Yanzi, HG80, Matè Teatro, Spazio Teatro, Gattoquadrato.

    Collaborate tutti, oppure condividete semplicemente lo spazio?

    PB – Il coworking, così come vorremmo declinarlo qui,prevede tre momenti, uno consequenziale all’altro. Il primo, è che ognuna di queste realtà porti in dote il proprio bagaglio di esperienza. Il secondo passaggio prevede che i vari soci di upper Art si rivolgano alle potenzialità interne, se possibile, senza cercare altrove; ad esempio, se  a noi di upper Art serve un grafico, se ce ne è uno qui, mi rivolgo a lui. La terza fase, che è quella cui stiamo arrivando,suppone che nascano progetti ex novo dalle realtà che collaborano ad upper Lab.

    DANIELE MAFFEIS – Inoltre l’associazione culturale, oltre a sviluppare nuovi progetti, vuole anche essere promotrice di eventi, soprattutto interne allo spazio espositivo, e nella gestione e organizzazione di questi momenti  collaboriamo tendenzialmente tutti.

    Cosa era questo spazio prima?

    PB – Precedentemente era parte della SAACE, poi è stata per molto tempo una falegnameria e, in ultimo, ha ospitato la Tupperware. Dopodiché è stata sfitta per circa sei mesi, finché la cooperativa HG80 non ha pensato di affittare lo spazio per poi proporre ad altre realtà strutturate di condividerlo, come fossimo una società terza che cogestisce il luogo.

    Da cosa scaturisce il desiderio di creare un luogo come questo?

    PB – L’idea era fondamentalmente di ‘condividere le cose belle’: abbiamo voluto prendere uno spazio grande, in cui convergere idee e progetti, a partire da un luogo stimolante. Non ci interessa la logica che ha animato il panorama culturale underground di questa città negli ultimi anni,ovvero ognuno lavorare nel proprio orto. A Bergamo è la prima realtà di questo tipo. C’è stato un meccanismo atipico nella costruzione, ovvero non avere un progetto ed affittare uno spazio ma, al contrario, la cooperativa HG80 ha affittatolo spazio e poi proposto ad altre realtà, ritenute interessanti e potenzialmente interessate, di partecipare. Nell’arco del mese di settembre 2012 abbiamo occupato praticamente tutti gli spazi disponibili, sono rimaste una o due scrivanie.

    Cosa intendi per ‘una o due scrivanie’?

    PB – Alcune realtà, come noi di upper Art o Gattoquadrato,hanno uno studio, alcune hanno un ufficio, come HG80, altre ancora hanno una scrivania, un posto più affrontabile economicamente, che comunque consente loro di usufruire dello spazio espositivo.

    Un privato puòchiedervi una postazione, o deve essere per forza un’associazione?

    PB – Può essere anche un privato, ma si deve associare ad upper Lab. Ovviamente prima verifichiamo insieme se ci siano le condizioni perché questo avvenga.

    Ditemi di upper Art.

    DM – Io, Paolo e Simone abbiamo fatto l’Accademia Carrara insieme. Quando Paolo ha dato vita a questo progetto insieme alla sua cooperativa HG80, voleva portare il suo studio personale qui, e ci ha chiesto semplicemente se volessimo collaborare. Dal mio punto di vista è stata una proposta molto bella, rivelatasi anche produttiva, nel senso che lavorare a casa propria è molto diverso dal lavorare in uno spazio insieme ad altre persone, con le quali puoi confrontarti, avere uno scambio.

    PB – La presenza dello spazio espositivo ci ha anche permesso di non concentrarci unicamente sul nostro percorso, ma dare ad altri la possibilità di esporre i lavori e fare approfondimenti. Viviamo con preoccupazione il fatto che ci sia un gap fra la realtà e l’arte contemporanea,fra gli artisti e quello che succede. Credendo poco in un’arte autoreferenziale, ma più in una creatività che abbia uno sguardo politico e sociale, abbiamo desiderato che lo spazio espositivo ci supportasse in questo:coinvolgere gli altri.

    Rimanete tre artisti che lavorano individualmente, o c’è anche un momento in cui convergete sotto il profilo lavorativo?

    DM – Un progetto firmato a tre mani ancora non esiste,potrebbe succedere in futuro, magari. Certo non era la condizione sine qua non per iniziare a lavorare insieme. Ognuno procede con la propria ricerca anche se, lavorando insieme nello stesso spazio, spesso ci contaminiamo. Collettiva è invece la dimensione organizzativa e curatoriale dello spazio.

    Quale è secondo voi il valore aggiunto della condivisione dell’esperienza artistica piuttosto che la creazione individuale?

    DM – Il piacere di fare le cose uscendo dall’autoreferenzialità, o almeno provandoci. Avere questo spazio per noi è un’opportunità: depositiamo le idee, le facciamo decantare, ci confrontiamo con gli altri. Il valore aggiunto è sicuramente questo.

    Ditemi sinteticamente di voi, come artisti prima dell’esperienza di upper Art.

    PB – Ho cominciato nella prima metà degli anni ’90 con i graffiti, non ho fatto studi artistici, finché non mi sono iscritto a 30 anni all’Accademia Carrara. Mi sono occupato molto di Arte Pubblica. Tendenzialmente preferisco lavorare nello spazio pubblico, piuttosto che in quello istituzionale. Ultimamente sto lavorando molto con l’affissione, sia legale che illegale.

    DM – Anche io sono approdato tardivamente agli studi artistici; ho finito l’Accademia Carrara adesso, dopo essermi laureato in Psicologia. Ultimamente sto disegnando parecchio, e anche scrivendo. Gli ultimi due lavori cui mi sono dedicato sono storie illustrate. Quando faccio un lavoro amo puntare  lo spot su un argomento, su una questione, e analizzarla in maniera approfondita; poi che la  restituzione siano dei disegni, una fotografia, un video … è abbastanza irrilevante, perché non sono affezionato ad un medium specifico, mi piace cambiare spesso.

    Gli obiettivi che vi prefiggete.

    PB – Per quanto riguarda upper Lab sono quelli del coworking,muovere cose belle in città e condividerle. Perseguiremo questo  obiettivo. Per quanto riguarda upper Art intendiamo riportare alla realtà quella parte di arte contemporanea con cui siamo in contatto. I nostri percorsi vanno avanti in autonomia, ma sul piano curatoriale di certo c’è uno sguardo non edulcorato sul reale e sul sociale, e vorremmo proseguire in questa direzione.

    DM – Quando siamo entrati qui, l’intento primario era portare avanti la nostra ricerca, e ci siamo ritrovati a gestire lo spazio espositivo,mansione che non era contemplata inizialmente. Per questo, stiamo cercando di sintonizzarci su questa nuova esperienza, correggendo il tiro, muovendoci anche per prove ed errori, nel tentativo di far qualcosa di interessante.

    Come gestite lo spazio espositivo? Vi si può chiedere di esporre, operate una selezione oppure siete voi ad inviate gli artisti?

    PB – Ci stiamo muovendo in due direzioni: accettare le proposte dagli artisti, e proporre noi stessi di esporre a degli artisti che riteniamo interessanti, chiedendo loro di progettare qualcosa di specifico per lo spazio.

    Vi rivolgete in maniera privilegiata all’ambito locale?

    PB – Partiamo dai contatti che abbiamo qui, ma negli anni abbiamo sviluppato anche conoscenze altrove, e questo sta portando ad incrociare anche artisti stranieri. Ci piace anche vedere degli artisti durante il loro processo creativo, che vengano qui, sviluppino  il progetto e lo lavorino sul posto, in un arco di tempo da definirsi  a seconda dei progetti e dei soggetti coinvolti. In ogni caso vorremmo mantenere un gradi di accessibilità gratuito allo spazio.

    DM – Non ci dispiacerebbe sperimentare modalità di messa a disposizione dello spazio partendo dalla creazione di una sorta di bando.

    C’è un progetto cui state lavorando attualmente?

    PB – Quello di Artdate è un progetto che seguiamo a più mani, sia dal punto di vista progettuale, sia processuale. Il tema è la repressione.Dovrebbe essere il primo appuntamento di un percorso più lungo, che sfoci nell’approfondimento e non rimanga solo espositivo.

    In che rapporto siete con le istituzioni?

    PB – Come upper Lab ed upper Art praticamente zero. E’ vero che non ci siamo neanche mossi in questa direzione, perché desideriamo essere indipendenti. Allo stesso tempo, ci dispiace e ci fa porre delle domande il fatto che nessuna istituzione si sia mossa nei nostri confronti. Non dovrebbero essere sempre i cittadini ad elemosinare attenzioni da parte di Comuni, ma piuttosto sarebbe giusto che questi possedessero uno sguardo maturo tanto da cogliere le eccellenze, i problemi e le opportunità che ci sono. The Blank è l’unica realtà strutturata che si è messa in contatto con noi, non su nostra iniziativa.

    Ragionavamo con Mario Cresci sul fatto che Bergamo è candidata a capitale della cultura 2019.

    PB – Se si arriverà a quel traguardo, e glielo auguro, credo emergeranno solo  le realtà a cui ad oggi è stata data visibilità nel panorama culturale di questa città, che spesso corrispondono anche alle realtà di tipo economico. Non mi aspetto una grande vetrina per le iniziative indipendenti e più o meno giovanili.

    Una vostra lettura del ‘sistema arte Italia’.

    DM – Nel sistema arte Italia non mi sento integrato, diciamo che lo vedo da fuori. Posso dire che non si sente un grande supporto da parte di chi dovrebbe offrirlo. C’è tanto entusiasmo e tanta qualità, tante cose strutturate in cui però entrare è difficile se non hai la letterina o l’invito …ma quello è ‘normale’, non me la sento di fare paragoni con altre realtà, ma questa è la dimensione Italiana in senso più generale, mi vien da dire.

    PB – Il funzionamento del sistema dell’arte italiana, a mio avviso, è molto simile al sistema discografico: il fatto di investire sul musicista non è diverso dall’investire su un artista, ed è un fatto che rincorre i gusti dell’acquirente per andare nella classifica, in entrambi i contesti. Molte realtà underground o indipendenti hanno prodotto eccellenze,pur non avendo risorse. Spesso le cose buone non vengono dal main stream, ma dal sottosuolo, da gente mossa veramente dalle idee e dalla ricerca e non dal denaro … il fatto di affrancarsi dal tema soldi ti permette di fare una ricerca più autentica. Personalmente io ho sempre lavorato, parallelamente al  mio fare artistico, per necessità, ma anche perché questo mi affrancava dal dovermi mantenere attraverso l’arte, e questo mi ha permesso una ricerca libera. Ho la sensazione che in Italia sia più faticoso il percorso artistico di qualsivoglia tipo.

    Avete fatto delle esperienze all’estero? Punti di contatto tra il panorama nazionale e quello internazionale.

    PB – Ne ho fatte, ma non lunghe, due mostre, una in Finlandia ed una nei Paesi Bassi, ed effettivamente le open call funzionano diversamente: ho mandato la candidatura ed il giorno dopo mi hanno risposto, la prima volta per dirmi no, ma con molta cortesia, e mi ha scritto il Responsabile, la persona cui mi ero rivolto. Ho avuto la sensazione che ci fosse più serietà, e che guardassero meno a quello che era stato fatto prima, chi conosci, da dove arrivi. Circoscrivono l’attenzione alla sostanza, sulla proposta che porti. Noi avremo altri pregi … ma faccio fatica a farmeli venire in mente!

    The Blank Board | Intervista a 341 Factory
    [== The ==== Blank === Board ==== Intervista = a === 341 === Factory =]



        [== LINK ==]

    In occasione di ArtDate 2013,
    Gianmarco Dodesini, Claudio Rossoni e Dino Gervasoni
    apriranno il loro studio in Via Trento 26, a Curno

    Domenica 19 Maggio dalle 16.30 alle 18.30

    THE BLANK BOARD

    un progetto a cura di Claudia Santeroni e Maria Zanchi

    Intervista di Claudia Santeroni
    Photo di Maria Zanchi

     

    Una presentazione delle persone che hanno dato vita a 341

    GIANMARCO DODESINI – Per 341 mi occupo di curare la parte fotografica. Il cammino attraverso cui sono arrivato a questo è un pò tortuoso; ho sempre avuto una grande passione per la fotografia, ma non l’ho mai studiata a livello accademico, anche se ho avuto la fortuna di lavorare con dei fotografi che mi hanno impartito le nozioni tecniche che mi mancavano. Ad oggi sono 10 anni che scatto, e posso dire che la mia evoluzione professionale ha inciso molto sulle scelte che ho fatto: un tempo studiavo Economia, ma il fatto di non avere mai trascurato il mio interesse per la fotografia, ad un certo punto ha fatto sì che diventasse addirittura il mio lavoro.

    DINO GERVASIONI – Sono nato in Perù, quando ero ragazzino suonavo con gli amici. Nel ’98 sono entrato all’Istituto Tecnico del Suono, e mi sono reso conto che nessuno si occupava di post produzione audio per i video, per cui ho cominciato ad interessarmene. Nel 2003 mi sono trasferito in Italia, ma non conoscendo la era difficile occuparsi sin da subito del mondo del suono … tempo dopo ho conosciuto Gianmarco e Claudio su un set di un corto girato da Claudio, e abbiamo iniziato a collaborare.

    CLAUDIO ROSSONI – Mi occupo della parte video, in particolare della regia e del montaggio. Da sempre ho la passione per il cinema e le arti visive, ma fino a qualche anno fa ero attratto solamente dalla parte concettuale e poco dagli aspetti tecnici. Durante gli studi universitari ho incominciato ad occuparmi di piccole produzioni video e cortometraggi, iniziando ad accumulare esperienza, ed é stato sul set di uno di questi corti che ho incontrato Gianmarco e Dino. Lì é nata l’idea di far diventare questa passione un lavoro.

    In sintesi, cosa è 341?

    G- 341 è un visual studio: cerchiamo di dare supporto sia a livello fotografico, sia a livello video, a vari soggetti che richiedono la nostra collaborazione, cercando al contempo di esserne contaminati. Con questo intendo dire che, oltre a dare importanza alla parte economica, tentiamo di occuparci di progetti dinamici, anche a basso budget, ma stimolanti. Nel nostro ambito il rischio è quello di fare cose molto ripetitive, che ti sottraggono dalla vena creativa, quindi la mostra propensione è impegnarci in progetti che ci piacciano realmente, mediando fra il lato creativo e quello commerciale.

    Parlateci degli esordi di 341.

    G – Dopo esserci incontrati sul set di questo corto girato da Claudio, abbiamo lavorato alla realizzazione di un video commissionatoci da un gruppo musicale. Se al corto collaboravano più persone, a questo video eravamo solo noi 3, e così abbiamo capito che potevamo lavorare insieme, senza supporti ulteriori. Successivamente ci siamo dedicati ad un evento di ciclismo, per il quale abbiamo prodotto un video promo, che è stato un buon trampolino di lancio, perché infatti ad oggi lavoriamo ancora molto con il mondo del ciclismo.

    Cosa vuol dire “341”?

    G – Le motivazioni della scelta del nome non le diciamo a nessuno, di solito rispondiamo che è il prefisso del Perù … ma non è vero!

    Cosa è questo spazio in cui lavorate, e come l’avete trovato?

    G- Si tratta dell’ex area Tesmec, ed in particolare la zona in cui ci troviamo era adibita a zone docce del personale ed appartamenti dei custodi. Tutto quello che si vede oggi è stato progettato da noi, per essere funzionale ai nostri scopi professionali, ma anche per piacerci, in modo che fosse un luogo piacevole in cui lavorare. Questo spazio è forse sovradimensionato per noi, ma ci è utile per fare capire la nostra qualifica di professionisti, è un buon biglietto da visita.

    Un lavoro importante cui vi siete dedicati ultimamente.

    D – Ci siamo occupati del videoclip di un gruppo musicale di Bergamo, i Glass Cosmos. E’ il classico esempio di progetto che ci coinvolge. Si è trattato di un lavoro oneroso, ed è stato impegnativo svilupparlo, infatti abbiamo lavorato due giorni ininterrottamente, un weekend intero.

    La vasta gamma di dispositivi elettronici esistenti, la loro grande reperibilità e semplicità d’utilizzo ha concesso a molto di dedicarsi alla fotografia ed al video. Quanto conta l’attrezzatura di cui si dispone rispetto all’idea?

    D – Secondo me niente: se hai una buona macchina ma non sai usarla, non ti serve a niente. Non importa di quale attrezzatura disponi, conta la tua abilità nel raccontare. Oramai le 5D e 7D spopolano, tutti le hanno, e sono macchine che se dai ad una persona che la sa usare ti fa meraviglie, se la dai ad un incompetente produce qualcosa di noioso ed inconsistente.

    G –Se hai un’ottima idea, ma la sviluppi male, risulterà un’ottima idea sviluppata male. Se hai un’ottima idea e la realizzi al massimo, magari diventerà un capolavoro. Quindi quanto è importante una e quanto l’altra? Ci deve essere compensazione fra i due aspetti. A volte ci sono idee talmente buone e forti che basta pochissimo per riuscire ad applicarle, senza bisogno di tecnica, ma è importante considerare che il grande regista è prima di tutto un tecnico, capace di occuparsi di tutto gli elementi che compongono il set.

    L’attrezzatura da sola non basta, ma una grande capacità tecnica ti permette di realizzare un buon prodotto, con una buona idea, anche partendo da un’attrezzatura poco professionale.
    Il Comune ha manifestato interesse nei confronti del Vostro lavoro?

    G – Noi ci troviamo qui come localizzazione, ma cerchiamo d’essere più cosmopoliti possibile, aprendoci a tutto ciò che è l’esperienza, senza limitarci ad un pubblico o ad una clientela locale. Passiamo ore ed ore qui a lavorare, quindi, potendo scegliere a cosa dedicarci, privilegiamo i progetti che riteniamo stimolanti, che raramente sono quelli che derivano dalla committenza comunale.

    I vostri obiettivi futuri?

    G – Vivere nella realtà italiana lavorando nel nostro campo è complicato; i nostri equivalenti francesi, ad esempio, sono lasciati molto più liberi di esprimersi, hanno uno Stato che supporta l’imprenditoria giovanile e sopportano molti meno problemi dal punto di vista burocratico. Noi però siamo qui perché ci crediamo, pensiamo che il rinnovamento debba partire da noi: cerchiamo di cambiare questa attitudine al mancato rinnovamento, diventando più dinamici.

    D – Vorrei che 341 diventasse un posto dove la gente può lavorare tranquillamente ai suoi progetti, sperimentando, facendo ricerca. Si producono troppe cose vecchie … In Italia il media è indietro, è più evoluto in Perù!

    The Blank Board | intervista a Marco Travali e Rita Casdia
    [= The = Blank === Board ==== intervista = a = Marco = Travali = e === Rita === Casdia ==]



        [== LINK ==]

    In occasione di ArtDate 2013,
    Marco Travali e Rita Casdia inaugureranno lo studio di Marco Travali,
    in Via Jenner 16, a Treviglio

    Domenica 19 Maggio dalle 10.00 alle 12.30

    THE BLANK BOARD

    un progetto a cura di Claudia Santeroni e Maria Zanchi

    Intervista di Claudia Santeroni
    Photo di Maria Zanchi

     

    Parlateci degli studi, artistici o no, attraverso i quali siete approdati al mondo dell’Arte.

    Rita Casdia – Ho studiato al Liceo Artistico, poi Pittura all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Successivamente, grazie a delle residenze d’artista che ho vinto, ho potuto vivere qualche tempo all’estero, in Francia ed in Australia, finché non ho deciso di rientrare in Italia per specializzarmi al Biennio di Nuove Tecnologie dell’Accademia di Brera, dove ho avuto occasione di conoscere Marco Travali. Non attribuisco però la mia formazione alle Accademie, quanto alla mia curiosità di leggere l’Arte nella sua complessità e molteplicità.

    Marco Travali – Ho frequentato il Liceo Artistico di Milano, poi l’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel ’95 ho avuto la fortuna di partecipare ad un progetto televisivo innovativo, il primo di video giornalismo in Italia, “Sei Milano TV”; per me è stato un’esperienza importante, che mi ha portato ad occuparmi personalmente di audio-visivo, a vari livelli ed in varie forme, sviluppando sia una poetica personale, sia in cooperazione con altri artisti.

    Hai, o hai avuto, modelli, fonti di ispirazione, dei maestri?

    RC – Si, sicuramente ne ho avuti in passato e ne ho ancora adesso, ma non posso rintracciare in un’unica persona un modello, perché ogni periodo è stato contrassegnato da un artista di riferimento, Sophie Calle, Louise Bourgeois, Carol Rama, o registi come Alberto Grifi, che ho anche avuto modo di conoscere di persona. Potrei però anche citare Goya, Magnasco o Pontormo: sono stati e rimangono tutti dei riferimenti.

    MT – Non mi sento di incanalare i miei modelli in un unico settore, perché in generale sono affascinato da coloro che, in vari ambiti, dimostrano precisione, costanza, devozione, serietà ed impegno nel lavoro che svolgono; è atteggiamento che guardo con grande ammirazione.

    Su cosa si impernia, in sintesi, la tua ricerca?

    RC – Si basa su un’analisi concreta della crudeltà dell’intimo, perchè la possibilità di rendere visibile la sfera sentimentale/emotiva che domina la vita “razionale” di ogni essere umano è per me una sfida irresistibile. Il mio linguaggio si appropria di diverse tecniche, dal disegno al video, ed è apparentemente infantile: dietro una grafica semplificata, cela invece una stratificazione di significati, una pluralità di letture possibili.

    MT – I video che presenterò durante ArtDate sono rappresentativi della mia ricerca, al cui centro c’è l’essere umano e la sua interiorità. Per me è importante raccontare attraverso una forma ludica, creando quasi delle sorte di parodie. Ho sempre cercato di utilizzare codici espressivi diversi, perché ritengo sia limitativo legarsi ad un unico linguaggio. Molto spesso sono anche protagonista dei mie stessi video.

    Com’è nata l’idea di vivere questa esperienza insieme?

    RC – C’è una stima reciproca profonda, sia umana e sia professionale. Su questa base riusciamo a  capire velocemente di cosa necessita il nostro lavoro e come possiamo risolvere insieme i problemi che si presentano durante la produzione dei nostri progetti. Inoltre, c’è molta corrispondenza fra le nostre ricerche artistiche.

    MT – La mostra che si svolgerà durante ArtDate, coinciderà anche con l’inaugurazione dello spazio, ed è diverso tempo che lavoro alla sistemazione di questo luogo. Io e Rita ci conosciamo da molti anni, abbiamo avuto occasione di collaborare diverse volte, ed è lavorando insieme che si scoprono le assonanze; anche per questo sono contento di poter condividere con Lei questo momento.

    Punti di contatto e divergenze fra i vostri lavori.

    MT – L’apparente aspetto ludico delle opere di entrambi, e l’interesse comune verso la tematica del sogno, non solo intesa come esperienza onirica, ma come luogo possibile dove diverse realtà si intrecciano. L’esperienza del sogno come atteggiamento che intercetta significati nascosti  della realtà e intuizioni.

    Marco, cosa è questo luogo? Quali aspettative hai nei suoi riguardi?

    MT – E’ uno spazio espositivo ricavato al piano terra di casa mia. Nella vita mi occupo di comunicazione, quindi l’idea fondamentale è sicuramente che questo spazio sia una base logistica della mia agenzia, che attualmente ha un ufficio a Milano. Inoltre collaboro con molti artisti, realizzando progetti molto differenti fra loro, non solo come autore, ma anche come supporto alla realizzazione, essendo competente in materia di audiovisivo. Per questo, mi piacerebbe che questo potesse diventare un luogo a disposizione di chi ha un’idea da concretizzare. Come dicevo prima, apprezzo molto l’impegno che alcune persone profondono nei loro sogni e nel loro lavoro, e mi piacerebbe poterli sostenere, e non  solo nell’ambito puramente artistico. Ad esempio, di recente mi sono occupato della realizzazione dei flyer di un giovanissimo circense, uno sputa fuoco!

    Un lavoro cui vi state  dedicando attualmente.

    RC – Ci sono due lavori che mi stanno impegnando da oltre un anno, due video. Il primo è girato in Sicilia, luogo-origine del mio immaginario; si tratta della prima opera autobiografica cui mi dedico, e se girarlo è stato relativamente semplice perché avevo la macchina che fungeva da filtro, in fase di montaggio ho avuto grande difficoltà emotiva. Parallelamente a questo progetto, che sto chiudendo, sto lavorando alla realizzazione di un video in stop-motion, “Stangliro”, titolo che deriva da una parola inventata da me e che pronuncia il personaggio principale durante il video. È un progetto complesso dove ci saranno sulla scena un centinaio di mie bamboline in plastilina.

    MT – Sto lavorando ad un progetto video che segue la linea di quelli che esporrò qui durante ArtDate, sempre interpretato da me. Il tema è lo smarrimento generale che la società sta vivendo, la mancanza di prospettive. Non si tratta di una semplice proiezione, ma sarà integrata da una serie di oggetti che saranno presenti fisicamente, e questa linea narrativa è una sorta di inedito nel mio percorso. Il titolo è “Peso Piuma”.

    Cosa succederà qui durante Art Date?

    RC – Si metteranno a confronto i nostri due mondi e ci sarà modo di vedere una panoramica della nostra ricerca, attraverso alcune delle opere più rappresentative realizzate negli ultimi anni.

    MT – Si proveranno emozioni diverse in pochi metri quadri.

     

     

    The Blank Board | Intervista a Ferrario Frères
    [= The ===== Blank ==== Board ==== Intervista ==== a ==== Ferrario == Fr === res ==]



        [== LINK ==]

    In occasione di ArtDate 2013,
    I Ferrario Frères apriranno il loro studio
    in via Borgo Canale 9, Bergamo

    THE BLANK BOARD

    un progetto di Claudia Santeroni e Maria Zanchi

    Intervista di Claudia Santeroni
    Photo di Maria Zanchi

    Cos’è Ferrario Freres?

    F – Anni fa mi trovavo in Francia, sul massiccio centrale dei Pirenei, e ho visto passare questo camion con la scritta “Ferrario Frères”, che significa fratelli Ferrario. Nel 2000, quando io e l’altro componente del gruppo, abbiamo fatto la mostra alla Chiesa della Maddalena, abbiamo ripreso questo nome, e abbiamo dedicato l’esposizione a mio cugino, morto poco tempo prima, con il quale lavoravamo. Non ci interessa l’emergere della singola individualità, ci riconosciamo in questa etichetta, che ci accomuna: il nome e l’idea di lavorare in gruppo è nata dall’esigenza di ricostruire un insieme, questa identità che avevamo perso.

    Parlami della tua formazione.

    F – Faccio l’artista da quando avevo 14 anni. Ho fatto l’Accademia di Belle Arti a Bergamo, e ho una formazione prevalentemente pittorica. In seguito mi sono invece dedicato di più alla Fotografia, dopo ancora al video.

    Quale è il vostro indirizzo privilegiato di ricerca?

    F – La memoria, sicuramente, ma lavoriamo parecchio anche sull’istinto: negli ultimi anni abbiamo preso un viraggio spirituale, volontario od involontario. Ad esempio, attualmente stiamo sviluppando un lavoro sull’Australia; abbiamo conosciuto un antropologo, che ci ha raccontato la visione del mondo che hanno alcuni aborigeni, secondi i quali la il messaggio della vita viene trasmesso da animale ad animale, attraverso dieci passaggi di comunicazione che conducono all’uomo. Spesso i nostri progetti vengono rivoluzionati completamente in corso do’opera.

    Più che un indirizzo privilegiato di ricerca, c’è un’attenzione che deriva dall’esperienza del vivere.

    F – Esatto … anche il lavoro sull’ayahuasca nasce da un’esperienza personale, un viaggio in Brasile e l’incontro con questo rituale, finalizzato alla preparazione della bevanda. L’ayahuasca viene chiamata la ‘liana degli spiriti’, perché è potentissima, e una volta assunta di porta a fare un viaggio dentro te stesso, durante il quale devi solo accettare quel che succede, perché gli eventi sono al di là di te. Ricordo che lo Sciamano che conobbi in quella circostanza mi disse: “quando hai bevuto, non puoi più tornare indietro”. Ho provato delle sensazioni intensissime e, da allora, quando penso a cosa è la quotidianità in questa società, mi sento fuori luogo, se non avessi la dimensione dell’Arte in farei veramente fatica, perchè mi consente di ricollegarmi a quello che secondo me è il mondo sottile, e cercare di trasmetterne l’emozione. Per me è doveroso tentare di infondere questa emozione nel prossimo, anche per questo non comincio mai un lavoro se non è motivato.

    Voi lavorate come un collettivo, ma quelli di cui parli mi sembrano lavori che nascono dalla tua esperienza personale.

    F – Non facciamo questa distinzione; Mauri è la parte più analitica, io più borderline, quindi il confronto con lui mi è utilissimo per riassestarmi e rientrare nel mondo quotidiano.

    In alcune opere compaiono dei personaggi mitologici, dei Centauri.

    F – E’ un vecchio lavoro, risale a 15 anni fa. Allora addestravo cavalli nella bassa bergamasca, dove abitavo con i miei. Gli animali mi hanno sempre appassionato, e la loro vicinanza mi ha fatto riflettere sul connubio fra uomini ed animale, quindi li ho omaggiati con questo lavoro, che affronta la tematica della metamorfosi.

    Notavo che molti lavori mostrano una certa disinvoltura nell’impiego di tecniche diverse. Ce n’è una che attualmente prediligete, o preferite la commistione di linguaggi?

    F – Innanzitutto prediligiamo lavorare sullo spazio, ci piace l’idea dell’opera che cresce nel e per il luogo che la ospita; quello che facciamo è un lavoro di contaminazione. Uscire dallo schema che ci siamo prefissi, dal progetto iniziale, per noi è molto importante, perché ci permette di essere dinamici e non fossilizzarci. Trovo decadenti quegli artisti che si concentrano per tutta la vita su un modulo, perché l’intento dovrebbe essere quello di evolversi continuamente.

    Secondo te come mai capita che un artista si fossilizzi su una tipologia od un modulo?

    F – Questa speculazione che sta dietro all’Arte, cioè i collegamenti con galleristi, critici, collezionismo … è una cosa con la quale non mi sono mai misurato. Un artista non dovrebbero mai accettare di scadere in un circuito simile, ma tante volte il problema è che non hanno più niente da dire … e vengono triturati dal sistema. Per me lavorare per un motivo, avere qualcosa da dire, è il fondamento; è una visione un po’ romantica, ma penso ci sia bisogno di recuperare questo aspetto sensibile.

    Non temi che questa concentrazione sulle tue percezioni possa tradurre il Vostro lavoro in qualcosa di autoreferenziale?

    F – Si, forse in parte è autoreferenziale, ma questo deriva anche dal fatto che c’è una disattenzione sul mondo sensibile, spesso i giovani si perdono nelle disattenzioni che il mondo contemporaneo propina … molti lavori che facciamo sollevano questi interrogativi, ma educare attraverso l’arte è difficile, così come trasmettere delle sensazioni.

    Spesso lavorate site specific: come vi muovete per relazionarvi nello spazio, e quanti vi influenza?

    F – Ci influenza moltissimo, lo spazio ispira, suggerisce. Quando entro in un luogo cerco di cogliere l’impressione che mi trasmette, e quindi di lavorare su quella. E’ accaduto così alla Chiesa della Maddalena, ma anche alla Basilica di Santa Maria Maggiore.

    La tecnologia che spesso supporta le opere d’arte contemporanea, e la spettacolarità che ne deriva, a volte appare come un palliativo dei contenuti.

    F – Anni fa mi è capitato di vedere un lavoro, e di pensare che la traduzione del messaggio in chiave tecnologica fosse una stridente. Ci deve essere sempre un passaggio, un filtro: se lo forzi, hai vanificato il lavoro.

    Prima hai parlato del tuo viaggio in Brasile, vorrei che mi parlassi di un’altra esperienza importante.

    F – Sicuramente il viaggio che ho fatto in Siberia, durante il quale ho conosciuto un Padre che mi ha fatto percepire un tipo di spiritualità che non avevo mai colto prima.

    Quale è il sogno che vorreste realizzare attraverso le Vostre opere?

    F – Trasmettere sempre di più la parte sottile, sensibile. Questo viaggio intimistico è fondamentale per ritrovare te stesso, nel bene e nel male, per riuscire a mantenere puro il punto di vista, mantenere l’essenziale della vita, anche se devi dibatterti nel quotidiano, nei conflitti.

    THE BLANK RESIDENCY | MIGUEL GUZMAN PASTOR - THE METARESIDENCY PROJECT
    [=== MIGUEL === GUZMAN == PASTOR ===== THE ==== METARESIDENCY == PROJECT ===]
    02.09.13 - 11.09.13

    the mr project



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    The Blank Residency presenta Miguel Guzmán Pastor: The METARESIDENCY Project  A cura di: Cristina Rota, Paola Tognon 2 -­ 11 settembre 2013 Sede: The Blank Residency, Via Quarenghi 50, Bergamo, Italia info@theblankresidency.it www.theblankresidency.it THE METARESIDENCY PROJECT / 2-11 SETTEMBRE 2013 Da due anni Espacio Islanda offre un particolare programma di residenze d’artista “microResidencies”: 2 ore di residenza e 2 Euro di contributo per gli artisti che vi partecipano. Ogni artista selezionato è chiamato a trasformare lo spazio a disposizione mentre il pubblico è invitato a essere testimone del processo di produzione o del risultato finale dell’intervento. L’artista Miguel Guzman, durante la sua residenza a The Blank Residency inviterá quattro artisti a realizzare una serie di microresidenze nel suo studio, creando il MetaResidency Project. THE METARESIDENCY PROJECT / STATEMENT Il lavoro di Miguel Guzman si sviluppa, con rabbia ed eleganza, tra l’intimo e il pubblico, tra il soggettivo e il sociale. Guzman ama e trasforma la bellezza, al fine di moltiplicarla, utilizzando diversi media. Lo scopo del suo lavoro è il condividere storie. Attraverso immagini, suoni, azioni, costruisce esperienze ipnotiche e intense per lo spettatore. I suoi lavori si presentano semplici, accessibili e delicati e, nello stesso tempo, rendono l’esperienza stessa di chi li osserva nel tema principale del suo lavoro. MIGUEL GUZMAN PASTOR / BIOGRAFIA Miguel Guzman Pastor è nato a Madrid dove vive e lavora. E’ architetto, artista, curatore e professore. Nel 2000, dopo aver ottenuto la laurea in architettura presso il Politecnico di Madrid, ha collaborato con Joep Van Lieshout nella crazione di AVL Free State. Tra il 2000 e il 2006 Guzman fonda Table, atelier per le arti e l’architettura, vincendo il Gold Promax Award al miglior TV Set europeo e realizzando, inoltre, il Padiglione Messicano (ARCO, Madrid, Plaza Colon, Barcelona, Guggenheim Square, Bilbao, 2003-2005). Nel 2000 fonda El Intruso, collettivo di sound art ancora attivo, creando soundtrack originali per il teatro e film. Il suo lavoro è stato presentato in molte istituzioni culturali: Clepsydra e Drain Site (The Place Theatre, Londra, 2009 e 2010), Irma (Espacio Menosuno e Galeria Lapieza, Madrid, Cue Festival, Berlin, 2011), From 6 Cycle (Galeria Charpa, Valencia, El Patio de MH, Madrid, Kunst Gallery, Edimburgh, Cafe MIR, Oslo, Proyector Festival, Madrid e Milan, The Milk Factory, Chicago. Le sue collaborazioni includono: Crash (Damien Hirst Showroom, Londra), ysidejamosdeserartistas (Teatro Pradillo e Casa Encendida, Madrid, 2013), Scarpia (Cordoba, 2013). Professore in Scenografia e Disegno presso l’Universitá Nebrija di Madrid, è curatore presso il centro La Industrial (Madrid) e direttore a Espacio Islandia, Madrid. Nel 2010 e nel 2013 ha ricevuto la borsa di studio del Ministero della Cultura e degli Affari Esteri spagnoli. THE METARESIDENCY PROJECT / PROGRAMMA Mercoledì 4 Settembre dalle 18.00 alle 20.00: Souvenirs, Pasquale Gadaleta Giovedì 5 Settembre dalle 18.00 alle 20.00: Surplus Value, Simona Da Pozzo Venerdì 6 Settembre dalle 18.00 alle 20.00: This is not a MicroResidency, Miguel Guzman, Francesca Santambrogio, Arjan Shehaj, Giacomo Regallo Sabato 7 Settembre dalle 18.00 alle 20.00: Senza Titolo, Maria Tassi Domenica 8 Settembre dalle 18.00 alle 20.00: Mutuo, Pamela Del Curto Martedì 10 Settembre dalle 19.00: Presentazione finale Tutte le MicroResidenze (dal 4 all’8 settembre 2013) e l’appuntamento finale di martedì 10 settembre (dalle ore 19.00) si terranno presso The Blank Residency in via Quarenghi 50, Bergamo, e sono aperti al pubblico senza necessità di prenotazione. THE METARESIDENCY PROJECT / DETTAGLIO DEL PROGRAMMA Mercoledì 4 Settembre dalle 18.00 alle 20.00 Pasquale Gadaleta, Souvenirs Descrizione del progetto: Il progetto consiste nel diffondere per via Quarenghi, l’opera di Gaetano Donizetti “Otto mesi in due ore” (o gli esiliati in Siberia) attraverso un megafono che comprerò con i 2 euro dallo shop cinese e che posizionerò sulla finestra del cortile interno. I visitatori che seguiranno la musica entreranno in una stanza attraversando la soglia cosparsa di pigmento blu del Marocco: lo spazio che verrà creato sarà quello che i fruitori stessi delineeranno attraverso le loro tracce. Oltrepassando il limite, si avrà un cambiamento percettivo dello spazio, dovuto alle impronte dei visitatori, come quando si entra in un nuovo territorio. Alla fine delle due ore raccoglierò il pigmento ‘sporcato’ dalle persone, che conserverà in questo modo la memoria di Bergamo, per utilizzarlo in altri progetti. Utilizzo del budget di 2 euro: un megafono comprato dallo shop cinese Giovedì 5 Settembre dalle 18.00 alle 20.00 Simona Da Pozzo, Surplus Value Descrizione del progetto: Due Euro frazionati, nascosti, ricercati, mappati, collezionati e catalogati per una ipotetica moltiplicazione del valore. Con questo progetto, propongo un intervento alchemico: monete di acciaio e rame verranno trasformate in oro da un piccolo protocollo ricreativo. Con “Surplus Value” tento il fruitore in modo ricreativo per rendere visibile come il creare attenzione sia una azione di attribuzione di valore che modifica i dispositivi di relazione. L’intervento può restare allo stato di potenza o può essere agito dai fruitori. Mentre nascondo 200 monete da 0,01 euro nella casa di residenza, I visitatori staranno nella stanza “Studio d’Artista 2”. Qui, ci sarà un computer connesso tramite skype al mio smartphone che seguirà I miei movimenti attraverso le stanze. Gli invitati non potranno vedere precisamente le mie azioni ma potranno indovinare alcuni indizi anche attraverso I suoni. In un secondo momento, le persone saranno invitate a cercare le monete in modo dissimulato, continuando a chiacchierare amabilmente con le altre persone. Quelli che avranno raccolto e a mappato delle monete potranno tenerle e ricevere un certificato di autenticità di “Surplus Value”. Le monete restanti diventeranno la traccia dell’azione. L’ammontare esatto del “Surplus Value” sarà calcolato sulla base delle quotazioni del giorno in cui avrà luogo l’azione. Indicativamente, ogni moneta da 0,01 euro trovata (2,3 gr di acciaio 94,35%, e rame 5,65%, valore = 5 euro al 1 kg) avrà un valore di 69 euro (2,30 gr di oro al prezzo di 30.000 euro al kg). Il documento certificherà un “Surplus Value” di 68,99 euro per ogni moneta. Utilizzo del budget di 2 euro: I 2 euro saranno cambiati in monete da 0,01 euro Venerdì 6 Settembre dalle 18.00 alle 20.00 Miguel Guzmán Pastor, Francesca Santambrogio, Arjan Shehaj, Giacomo Regallo, This is not a MicroResidency In riferimento al recente intervento del filosofo Slavoj Zizek : “Nel XX secolo abbiamo forse cercato di cambiare il mondo troppo velocemente. Il tempo deve essere reinterpretato, iniziare a pensare… dovremmo essere molto attenti a ciò che facciamo”; stabilendo un parallelismo con l’ultimo lavoro di Jafar Panahi “This is not a film”, Miguel Guzmán Pastor invita gli artisti a condividere e a spiegare i progetti di microResidenza da loro proposti, senza che siano realizzati. Durante l’incontro di condivisione gli interventi degli artisti saranno filmati per realizzare il film “This is not a microResidency”. Durante le 2 ore si deciderà l’utilizzo dei 2 euro. Il film, realizzato da Miguel Guzmán Pastor sarà presentato l’ultimo giorno di The metaResidency Project, martedì 10 settembre presso The Blank Residency. Francesca Santambrogio, Reunion Descrizione del progetto: The Blank Residency è una casa temporanea, dove il privato è condiviso dai vari ospiti che nel tempo l’hanno abitata, l’abitano e l’abiteranno. Ogni inquilino lascia una traccia e gli oggetti la conservano. Alcuni prodotti vengono acquistati, usati, consumati ed infine abbandonati, diventando un’eredità inconsapevole per l’ospite futuro. Nelle dispense rimangono bottiglie d’olio, pacchi di pasta o barattoli di caffè mai terminati. Sui bordi della vasca da bagno shampoo e bagnoschiuma a metà. Nei bicchieri sono stampati baci che lo sgrassatore ha lavato via. Io vorrei, come inquilina per due ore dell’appartamento, mettere in comunicazione gli incontri mancati, sospesi, che gli oggetti conservano. Sarà una ricerca e raccolta di questi elementi, al fine di combinarli in micro-reazioni, capaci di procedere autonomamente ed infine di esaurirsi. Col mio intervento intendo costruire semplici dispositivi (il rubinetto che gocciola sul detersivo, fino a riempire il lavandino di schiuma; la sedia che oscilla perché una gamba poggia su un surgelato che si scioglie…) che rendono viva la stanza, indipendentemente dalla presenza di persone al suo interno. Vorrei che gli oggetti che faccio incontrare generassero dinamiche, si animassero, magari cadessero, rivelassero leggi fisiche, producessero odori o suoni. Mi piace immaginare che si muoveranno come gli abitanti di quell’appartamento, dei coinquilini che si ritrovano. E poi si salutano. Il luogo nel quale immagino di intervenire è la cucina, poiché gli elettrodomestici e gli arredi consentono di creare molte situazioni possibili. Poi in cucina avvengono le discussioni migliori. Utilizzo del budget di 2 euro: Dipende da cosa trovo nell’appartamento e cosa penso che manchi. Potrebbe essere un ghiacciolo o un pacchetto di popcorn. Arjan Shehaj, Senza Titolo Descrizione del progetto: Le mie opere si possono guardare da diverse angolazioni, proprio per dare l’espressione della continuità, dell’infinito, facendo sempre queste operazioni evito di limitare l’immaginazione e l’osservazione di chi guarda le opere. Nei miei quadri non voglio assolutamente determinare dei concetti, in modo da poter imprigionare le idee, non voglio limitare nel pensare, ma tutt’altro aprire le possibilità diverse da poter osservare le opere ma anche il mondo, dando significati diversi, vedere il mondo in angolazioni diverse. Utilizzo del budget di 2 euro: da definire Giacomo Regallo, Per quelli che un giorno ce la faranno Descrizione del progetto: Il lavoro consiste nel congelare metaforicamente e fisicamente il valore, sia ideale che reale, della moneta all’interno di un blocco di ghiaccio. Posizionare poi il blocco di ghiaccio all’interno di un canotto gonfiabile giocattolo di medie dimensioni e lasciare che lentamente si sciolga lasciando affiorare la moneta ed il suo valore. L’idea che sta dietro questa installazione consiste nel ricreare un processo di meta-libertà, ispirandosi ai numerosi sbarchi di clandestini sulle nostre coste: il canotto simboleggia il mezzo che mette in moto questo progetto portando fisicamente le persone da un posto all’altro, la moneta nel ghiaccio invece simboleggia l’ideale, il punto d’arrivo metaforico inarrivabile al momento. Utilizzo del budget di 2 euro: I due euro saranno usati per la essere congelati all’interno di un blocco di ghiaccio e successivamente donate. Sabato 7 Settembre dalle 18.00 alle 20.00 Maria Tassi, SENZA TITOLO Descrizione del progetto: Dal soffitto della stanza scendono delle strisce di carta leggera (quotidiani, veline, ritagli, confezioni…). Le strisce occupano tutto il soffitto possibile nelle due ore e vengono raccolte per poi uscire dalla finestra. Le strisce sono attaccate al soffitto con nastro adesivo removibile. Il pubblico dovrebbe essere parte attiva del progetto. Utilizzo del budget di 2 euro: Acquisto del nastro adesivo Domenica 8 Settembre dalle 18.00 alle 20.00 Pamele Del Curto, MUTUO Descrizione del progetto: Il progetto si sviluppa intorno alle richieste dal bando: rispettare il tempo a disposizione e il budget previsto. Ho lavorato sulle possibilità di utilizzare i 2 euro senza nessuna implicazione commerciale. L’idea è quella di riprendere una pratica appartenuta alla mia fanciullezza, ossia il gioco collettivo di posizionare monete sui binari ferroviari e aspettare il passaggio del treno. Il posizionamento delle monete, coi timori che lo accompagnano e l’attesa che si compia l’azione, si condensano così in forme imprevedibili che rendono quelle monete degli oggetti speciali. L’idea (che avrà come titolo l’orario e il nome del treno) si sviluppa in tre fasi, due delle quali avverranno prima dell’inizio della residenza: — Recarmi in una banca e cambiare i 2 euro in 200 monete da 1 centesimo, questo passaggio, nel taglio più piccolo esistente, espande al massimo le possibilità di utilizzo. — Posizionare e recuperare le monete sui binari ferroviari — L’ultima fase, che si svilupperà nelle due ore della residenza sarà l’allestimento delle monete nello spazio: Verranno presentati ai presenti tre progetti allestitivi, il pubblico deciderà quale rendere operativo e parteciperà attivamente alla sua realizzazione. Per questo è necessario che la residenza sia pubblica. Utilizzo del budget di 2 euro: I 2 euro saranno cambiati in monete da 0,01 euro.

    A CENA CON L'ARTISTA | MLADEN MILJANOVIĆ
    [= Mladen == Miljanovic = 23.11.2013 =]
    23.11.13

    1393709_607330875981332_969908545_n



        [== LINK ==]

    The Blank Kitchen. A cena con l’artista Mladen Miljanović

    Sabato 23 Novembre 2013, ore 20.00
    The Blank, via G. Quarenghi, 50 – Bergamo

    A CENA CON L'ARTISTA | ADELITA HUSNI - BEY
    [= Adelita == Husni - Bey = 04.10.2013 =]
    04.10.13



        [== LINK ==]

    The Blank Kitchen. A cena dall’artista Adelita Husni-Bey

    Sabato 4 ottobre 2013, ore 20.00
    The Blank, via G. Quarenghi, 50 – Bergamo

    ARTDATE 2023 - ARTIFICIO
    [== ARTDATE ==== 2023 ==== ARTIFICIO =]

    L’immagine coordinata di ArtDate 2023, disegnata da Studio TEMP, è generata tramite l’intelligenza artificiale.

    ArtDate
    Festival di arte contemporanea
    ARTIFICIO | 13° edizione
    Bergamo, Brescia

    10, 11, 12 novembre online
    16, 17, 18, 19 novembre Bergamo
    24, 25, 26 novembre Brescia

    [== CS ArtDate 2023 ==]

    [== programma ArtDate 2023 ==]

    [= press kit ArtDate 2023 =]



        [== LINK ==]

    In occasione di Bergamo e Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, l’associazione culturale THE BLANK in collaborazione con Palazzo Monti sceglie di strutturare un percorso condiviso che sia manifestazione plastica della volontà di collaborazione delle due città.

    Palazzo Monti e The Blank strutturano quindi insieme la 13° edizione di ArtDate, festival di arte e cultura contemporanea organizzato a Bergamo e Brescia, nel quale vengono coinvolte le principali istituzioni culturali pubbliche e private dei due capoluoghi, oltre che artisti, gallerie, collezionisti, dimore storiche e scuole.

    ArtDate 2023, il cui titolo è ARTIFICIO, è un grande evento culturale, unico ed inedito, espressione fattuale della mission della capitale della Cultura, ovvero crescere insieme. Tra gli eventi principali: l’installazione INFINITO PRESENTE di Yayoi Kusama presso Palazzo della Ragione a Bergamo; la mostra a Palazzo Monti a Brescia; il momento del GALLERIES TIME dedicato alle inaugurazioni delle mostre nelle gallerie; l’apertura di una pluralità di studi d’artista e collezioni private generalmente inaccessibili al pubblico.
    ArtDate si apre con un ciclo di appuntamenti online la cui fruizione è resa possibile al pubblico sordo grazie ad un apposito servizio di sottotitolatura e traduzione in LIS – Lingua dei Segni Italiana.

    Gli highlights:

    • opening della mostra Yayoi Kusama. Infinito Presente presso Palazzo della Ragione, Bergamo
    • opening della mostra Ghostwriting Paul Thek. Time Capsules and Reliquariespersonale di Alessandro Di Pietro presso Palazzo Monti, Brescia
    • interviste online a Domenico De Masi (sociologo); Umberta Gnutti Beretta e Francesca Milani (collezioniste); Gian Antonio Gilli (sociologo); Diana Anselmo (performer ed attivista); Massimo Minini (gallerista) e Cristina Fogazzi (fondatrice di Vera Lab, @estetistacinica, e collezionista); Arturo Galansino (Direttore Palazzo Strozzi)
    • performance di Effe MinelliThese Butterflies Came Back from Hell to See You
    • proiezioni dei video di Marianna Simnett e Christian Marclay
    • GALLERIES TIME con l’apertura delle gallerie e spazi espositivi tra Bergamo e Brescia
    • apertura straordinaria al pubblico di collezioni private e studi d’artista tra Bergamo e Brescia
    • sonorizzazione dal vivo di tre film di Maya Deren, in collaborazione con Bergamo Film Meeting

     

    [== VENERDì 10 ==]

    [== SABATO 11 ==]

    [== DOMENICA 12 ==]

     

    [== GIOVEDì 16 ==]

    [== VENERDì 17 ==]

    [== SABATO 18 ==]

    [== DOMENICA 19 ==]

     

    [== VENERDì 24 ==]

    [== SABATO 25 ==]

    [== DOMENICA 26 ==]

    Premio Matteo Olivero 44a EDIZIONE
    PREMIO MATTEO OLIVERO
    Premio Matteo Olivero 44a EDIZIONE
        [== LINK ==]

    È Marinella Senatore la vincitrice del 44° Premio Matteo Olivero.

    Marinella Senatore (Cava de’ Tirreni, 1977) è un’artista multidisciplinare, con una formazione in musica, belle arti e cinema. La sua pratica è caratterizzata da una forte dimensione collettiva, partecipativa e sociale.

    L’artista presenta la sua opera “Dance First/Think Later” che andrà a rendere unico il foyer del Cinema Teatro Magda Olivero.

    La giuria di questa edizione è composta da Sara Fumagalli, Matteo Ghidoni, Roberto Giordana, Tiziana Buccico e Arturo Demaria.

    ARTDATE 2022 - CORPO LIBERO
    [== ARTDATE === 2022 ==== CORPO = LIBERO ===]

    ArtDate
    Festival di arte contemporanea
    12° edizione
    CORPO LIBERO
    10 11 12 13 novembre
    Bergamo

    [== CS ArtDate 2022 ==]

    [== programma ArtDate 2022 ==]

    [= press kit ArtDate 2022 =]



        [== LINK ==]

    “Dopo gli dei, le rivoluzioni e i mercati finanziari, il corpo diventa il criterio di verità. Solo il corpo dura, solo il corpo permane. Riponiamo in lui tutte le nostre speranze e da esso ci aspettiamo una realtà che altrimenti ci sfugge. Il corpo è diventato il centro di tutti i poteri, l’oggetto di tutte le nostre aspettative, e persino quelle di salvezza. Noi siamo questi esseri strani, questi sconosciuti, gli uomini del corpo.”
    Hervé Juvin “Il trionfo del corpo”

    CORPO LIBERO è il tema affrontato durante ArtDate, il Festival di arte contemporanea che si svolge a Bergamo dal 10 al 13 novembre.
    Si tratta di un’ampia riflessione su cosa significhi, ammesso sia oggi possibile o lo sia mai stato, avere un corpo libero.
    La ritrovata prossimità dopo gli anni della pandemia e del distanziamento sociale, lo spettro della guerra in Europa, ma anche un’analisi di quanto ossessiva sia divenuta l’attenzione attorno al corpo: un corpo-prodotto, che vive molto di più ma dura molto meno, un corpo-politico, l’idea della bellezza come forma di identità, un corpo-schiavo dei dettami della moda per essere guardato e desiderato, un corpo costruito, trasfigurato, un corpo-esposto, un corpo-immagine.
    Un corpo che si confronta con il progressivo venir meno dell’idea dell’immortalità, declinando la salvezza in salute avvalendosi di ritualità contemporanee quali diete, esercizi fisici, digiuni intermittenti, trattamenti di bellezza.
    Questi sono i temi che vengono sollevati negli eventi della XII edizione di ArtDate, attraverso percorsi espositivi, talk, performance, letture, proiezioni.

    [== SABATO 16 ==]

    [== DOMENICA 17 ==]

    [== LUNEDì 18 ==]

    [== MARTEDì 19 ==]

    ARTDATE 2021 - Nel Tempo Sospeso - 11.11.21 - 14.11.21
    [=== ARTDATE = 2021 ==== Nel == Tempo === Sospeso ======= 11.11.21 ==== 14.11.21 =]

    ARTDATE
    Festival di Arte Contemporanea
    XI edizione
    NEL TEMPO SOSPESO
    11 12 13 14 novembre Bergamo

    Quello del TEMPO SOSPESO è il tema affrontato nella XI edizione del Festival di Arte Contemporanea ArtDate che si svolge a Bergamo dall’11 al 14 novembre.
    Si tratta di un’ampia riflessione sull’indeterminatezza e apprensione che sta caratterizzando questo indimenticabile periodo di cui tutti noi siamo protagonisti e testimoni, fase storica anche però densa di aspettative e desideri.

    Giovedì 11, venerdì 12, sabato 13 e domenica 14 novembre, Bergamo ospita l’undicesima edizione di ArtDate, Festival di Arte Contemporanea organizzato da The Blank.
    Diventato nel corso del tempo un punto di riferimento capace di avvicinare e promuovere l’arte contemporanea presso un pubblico ampio e diversificato, in questa edizione ArtDate presenta numerose novità̀ di rilievo, focalizzando l’attenzione sulla tematica del tempo sospeso, rinverdendo l’attenzione alle tematiche di accessibilità e partecipazione.

    TB BENEFIT 2020 - JONATHAN MONK
    [= TB = BENEFIT ==== 2020 ====== JONATHAN == MONK ===]

    Ph Paolo Biava

    Per vedere tutte le opere della serie clicca [= qui =]



        [== LINK ==]

    THE BLANK 10° ANNIVERSARIO

    JONATHAN MONK
    BENEFIT A SOSTEGNO DELLE ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE

    Per festeggiare nel migliore dei modi il traguardo dei primi 10 anni di attività, The Blank ha avuto il piacere di collaborare con l’artista britannico Jonathan Monk che ha realizzato in esclusiva per l’associazione una nuova serie di lavori il cui ricavato sosterrà la produzione di nuove mostre e progetti.
    Le opere prendono il titolo ironico Shelf Life, espressione inglese che indica il periodo di tempo durante il quale una merce può essere immagazzinata senza diventare inadatta all’uso, al consumo o alla vendita.

    Allo stesso tempo l’opera si presenta come una libreria della vita, dove il gesso simula le coste dei libri che ci accompagnano nel tempo.
    La serie è stata realizzata per la mostra The Gift. On Life and Death che il 13 Novembre 2020 inaugurerà a Bergamo in occasione del Festival di Arte Contemporanea ArtDate.

    A Jonathan Monk (Leicester, 1969. Vive e lavora a Berlino) sono state dedicate mostre personali presso alcune delle più prestigiose istituzioni internazionali, tra cui Palais de Tokyo (Parigi, Francia), Irish Museum of Modern Art (Dublino, Irlanda), Kunsthaus Baselland (Muttenz, Svizzera).
    Il suo lavoro è stato incluso in numerose kermesse, tra cui la Biennale del Whitney (2006), la 50a e 53a Biennale di Venezia (2003, 2009), la Biennale di Berlino (2001) e la Biennale di Taipei (2000).
    Nel 2012 gli è stato assegnato il Prix du Quartier Des Bains, a Ginevra.

    JONATHAN MONK
    Shelf Life, 2020
    gesso su tela serie di 36 pezzi unici
    24 x 30 cm

    800 €/cad
    * L’ importo viene versato a titolo di contributo ed erogazione liberale a sostegno delle varie attività culturali promosse dall’Associazione “THE BLANK” ed è deducibile ai sensi del combinato disposto degli articoli 100 comma 2 lettera h) D.P.R. 917/1986 e art. 14 c. 1 D.L. 35/2005 – Oneri di utilità sociale

    per info e prenotazioni: associazione@theblank.it

    IL DONO | Matilde Cassani e Andrea Romano
    [=== IL === DONO === Matilde === Cassani === e == Andrea = Romano =]


    From me to .give, Andrea Romano


    La Bocca della verità, Matilde Cassani



        [== LINK ==]

    Matilde Cassani e Andrea Romano sono i vincitori del programma di residenza Il Dono, dedicato a 2 artisti residenti in Italia e realizzato con il sostegno di Fondazione Cariplo.

    Il progetto prevede un mese di residenza presso gli spazi di The Blank, nell’area di Via Giacomo Quarenghi di Bergamo, finalizzato alla produzione di un’opera inedita sulla tematica del dono da presentare alla mostra Il Dono. Sulla vita e la morte, a cura di Stefano Raimondi, presso Palazzo della Ragione, Bergamo. La mostra, che vede la partecipazione di Alberto Garutti, Jonathan Monk, Namsal Siedlecki e Félix González-Torres, inaugurerà la X edizione del Festival Artdate, organizzato da The Blank (dal 12 al 15 novembre 2020). 

    La giuria, composta da Camilla Mozzato, Stefano Raimondi e Cristina Rota, ha deciso di premiare all’unanimità i progetti di Matilde Cassani (1980) e Andrea Romano (1984) , che saranno realizzato durante il periodo di residenza presso The Blank Residency rispettivamente nei mesi di settembre e ottobre 2020. 

    Liberamente ispirata alla storica bocca della verità il progetto “La Bocca della verità” di Matilde Cassani ha saputo interpretare lo spazio espositivo in maniera dinamica e partecipativa, abbinando la tematica del dono a quella del caso, della fortuna e della verità. L’opera consiste in una grande maschera metallica che libera nell’aria dei piccoli doni: dei fazzoletti di stoffa preziosa e ricamata con effigi e simboli che, una volta sparati fuori dalla sua bocca, volteggeranno nell’aria fino a posarsi a terra. Il pubblico potrà portare a casa il dono che verrà emesso dalla bocca della verità in momenti non
    annunciati. I ricami dei doni saranno parole di buon auspicio: simboli e riferimenti a cavallo tra superstizione, fortuna e verità.

    Il progetto di Andrea Romano è stato premiato per la sua capacità di interpretare la tematica del dono nel pieno spirito di condivisione e collaborazione, configurandosi al contempo come dono verso il pubblico e a sostegno a un ulteriore progetto artistico. Andrea Romano realizzerà un lavoro attraverso uno scambio con l’artista Massimo Grimaldi (Taranto 1974). Il progetto prevede l’impiego di una parte del budget di produzione a sostegno di “.give”, un’app ideata da Massimo Grimaldi partendo dalla premessa che una comunità, per definirsi tale, deve essere necessariamente solidale. In cambio Andrea Romano avrà accesso al materiale grafico e testuale dell’app, che elaborerà sotto forma di ritagli. Una versione digitale delle opere prodotte saranno scaricabili gratuitamente dalla landing page di .give, mentre gli originali costituiranno la mostra presso Palazzo della Ragione. Infine sarà realizzata una grossa quantità di stampe che il pubblico potrà prendere e portare con sé. La pratica artistica si configura così come l’incontro tra la sfera personale e soggettiva e la sfera collettiva fatta di valori condivisi.

    Si ringraziano Andrea Balatti e Lucia Colombo.

    Bio:

    Matilde Cassani moves on the border between architecture, installation and exhibition design. Her practice reflects the spatial implications of cultural pluralism in the contemporary Western context. Her works have been showcased in many cultural institutions, galleries and published in several magazines such as Architectural Review, Domus, Abitare, Arqa, Arkitecktur, MONU magazine on Urbanism.
    She has been a resident fellow at “Akademie Schloss Solitude” in Stuttgart and at the “Headlands Center for the Arts” in San Francisco. Storefront for Art and Architecture in New York hosted her exhibition “Sacred Spaces in Profane Buildings” in September 2011. She moreover designed the National Pavilion of The Kingdom of Bahrain at the XIII Venice Architecture Biennale in 2012 and she took part of the XIV Venice Architecture Biennale (Monditalia) with the piece “Countryside worship”, recently acquired by the Victoria and Albert Museum in London.

    Andrea Romano (1984) vive e lavora a Milano. Andrea Romano è considerato tra gli artisti più interessanti della sua generazione. Diplomato all’Accademia di Brera di Milano, ha preso parte, tra le altre, nel 2016 alla 16° Quadriennale di Roma, all’esposizione The Picture Club presso l’Accademia Americana di Roma e alla mostra Ennesima a cura di Vincenzo De Bellis alla Triennale di Milano, alla collettiva Sous les Paves, la Plage nel 2012 della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, nel 2015 un solo show alla galleria Gaudel de Stampa di Parigi e nel 2011 alla Gasconade di Milano.

    TB BENEFIT 2019 - GIUSEPPE STAMPONE
    [== TB == BENEFIT = 2019 ====== GIUSEPPE ==== STAMPONE =]
        [== LINK ==]

    S A L E

    Dove tutto sembra essere in vendita, c’è il rischio di perdere ciò che conta davvero.

    Venerdì 13 dicembre 2019 ha avuto luogo un evento speciale organizzato in collaborazione con The Blank dall’agenzia di comunicazione bergamasca specializzata in branding: Quid – Value to communication, sponsor della mostra Il Corpo Insensato (2019-2020, Palazzo della Ragione, a cura di Stefano Raimondi), con gli ospiti Andrea Mastrovito e Giuseppe Stampone in dialogo con Stefano Raimondi, direttore di The Blank, e Lorenzo Sommariva, titolare di Quid, sul connubio arte-comunicazione, ponendosi come interrogativo principale la domanda “cosa unisce arte e branding?”. Giuseppe Stampone ha presentato inoltre l’inedita collezione Sale, un lavoro volto a ricordare come l’arte sia spesso confinata in una funzione decorativa, a scapito della sua potenza espressiva e critica.

    Andrea Mastrovito e Giuseppe Stampone sono due artisti accumunati dalla capacità di realizzare immagini ed opere che appaiono di semplice decodificazione ma che sottendono, invece, una pluralità di letture possibili, grande raffinatezza e abbondanza di riferimenti artistici e non solo.

    TB BENEFIT 2018 - ANDREA MASTROVITO, VINCENZO SIMONE
    [=== TB ==== BENEFIT == 2018 ======= ANDREA = MASTROVITO ====== VINCENZO ==== SIMONE ==]

    Studio per la predica degli uccelli, Andrea Mastrovito



        [== LINK ==]

    In occasione della 15a edizione di BAF – Bergamo Arte Fiera, Andrea Mastrovito (Bergamo, Italia – 1978) e Vincenzo Simone (Seraing, Belgio – 1980), hanno proposto una serie di opere come parte delle attività di benefit a sostegno della programmazione di The Blank.

    ARTDATE 2020 IL DONO/THE GIFT | 12.11.2020 - 15.11.2020
    [== ARTDATE ==== 2020 ==== IL === DONO == THE ==== GIFT ===== 12.11.2020 ==== 15.11.2020 =]

    ARTDATE | ON-LINE
    Festival di arte contemporanea X edizione
    IL DONO | THE GIFT

    Il Dono | The Gift è il tema affrontato nella X edizione del Festival di arte contemporanea ArtDate svoltosi a Bergamo dal 12 al 15 novembre.
    Come reazione rispetto al difficile momento storico che stiamo vivendo, The Blank ha scelto di convertire il Festival in forma digitale anzichè annullarlo, dando così un segnale di resistenza del mondo della cultura.

    Di seguito i link per vedere e rivedere tutti gli appuntamenti del Festival:

    CONFERENZA INAUGURALE con MASSIMO FINI
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    Massimo Fini, giornalista e scrittore, affronta il tema del “Dono” attraverso una lettura di Denaro, sterco del demonio, saggio sulle orme di Marcel Mauss, in conversazione con Claudia Santeroni.

    MOSTRA IL DONO. SULLA VITA E LA MORTE
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    Link audio-videoguide in Italian and Italian Sign Language (LIS)
    In attesa di poter visitare la mostra dal vivo, il curatore Stefano Raimondi ci conduce alla scoperta delle opere di Matilde Cassani, Alberto Garutti, Felix Gonzalez-Torres, Andrea Mastrovito, Jonathan Monk, Andrea Romano, Namsal Siedlecki.

    TALK con ED ATKINS e DAVID KAMP
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    Ed Atkins (artista e curatore), David Kamp (compositore e sound designer) e Stefano Raimondi (presidente di The Blank) si confrontano sul progetto espositivo The Act Of Seeing With One’s Own Eye, che rende omaggio alla produzione del padre del cinema sperimentale Stan Brakhage e alla ricerca di David Kamp.

    GALLERIES TIME
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    Le gallerie e gli spazi espositivi di Bergamo e provincia presentano i loro progetti attraverso brevi video.

    TALK INFERNI. PAROLE E IMMAGINI DI UN’UMANITÀ AL CONFINE
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    Giuliano Zanchi presenta il libro di Giovanna Brambilla in conversazione con l’autrice.

    TALK METAFOTOGRAFIA (2). LE MUTAZIONI DELLE IMMAGINI
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    Presentazione del libro con Sara Benaglia, Mauro Zanchi, Corrado Benigni, Teresa Giannico, Alessandro Sambini.

    TALK ARTE, SEGNI, PERFORMANCE. RIFLESSIONI SULLA COMUNICAZIONE VISIVA
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    Link YouTube
    a cura di The Blank LISten Project
    Rita Mazza 
    (direttrice artistica del Festival del Silenzio e performer segnante), Nicola Della Maggiora (artista di Visual Vernacular), Claudia Santeroni e Maria Marzia Minelli (curatrici impegnate in una ricerca sulla pratica della performance) introducono una riflessione sulla Lingua dei Segni e sul suo rapporto con le pratiche performative, teatrali e di Visual Vernacular.

    Le opere di Matilde Cassani e Andrea Romano sono state realizzate per la mostra Il Dono durante la residenza a The Blank, resa possibile grazie al contributo di Fondazione Cariplo.
    Il Festival è frutto di un’intesa culturale con il Comune di Bergamo volta alla promozione e alla valorizzazione di Bergamo come città d’arte e cultura.

    ArtDate è supportato da Regione Lombardia e riconosciuto dalla piattaforma EFFE – Europe for Festivals, Festivals for Europe per la sua qualità artistica, il coinvolgimento della comunità locale e al contempo il respiro europeo.

    AUDIO-VIDEOGUIDE ACCESSIBILI
    AUDIO-VIDEOGUIDE ACCESSIBILI

    In occasione delle mostre organizzate da The Blank, LISten Project propone audio-videoguide accessibili a persone sorde, segnanti e non, e udenti. Ogni video contiene una spiegazione delle opere in Lingua dei Segni Italiana (LIS) accompagnata da sottotitoli e voce narrante. 

    Le audio-videoguide sono realizzate nell’ottica inclusiva del Design for All, consentendo così la fruizione ai differenti pubblici. Tra le proposte elaborate rientrano anche audio-videoguide pensate per i bambini.

    Sempre nell’ottica di rendere la proposta culturale di The Blank accessibile, LISten Project propone degli approfondimenti in LIS con sottotitoli in italiano sulla riceca di alcuni degli artisti più rilevanti del panorama contemporaneo:
    – Regina José Galindo
    – Laura Pugno
    – Jessica Stockholder
    – Göksu Kunak
    – Gian Maria Tosatti 

    SCHOOL PROJECTS
    SCHOOL PROJECTS

    The Blank Educational propone alle scuole di diverso grado un progetto didattico volto a indagare un tema sensibile per l’attualità e per la collettività come quello del dono, concetto attorno al quale si strutturano numerose attività dell’associazione nel 2020.
    Il tema del dono viene proposto ai bambini e ai ragazzi sotto forma di laboratori ispirati a due degli artisti in mostra nella X Edizione del Festival di Arte Contemporanea ArtDate 2020 (12-15 novembre 2020), Alberto Garutti e Namsal Siedlecki.

     

    Che cosa significa donare?
    Se dono, mi aspetto di avere qualcosa in cambio?
    In quanti modi si può donare?
    Che cosa si può donare?
    Si può donare il tempo, un sorriso o un oggetto?

     

    Le proposte sono rivolte alle scuole dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado, secondo una modalità nuova, che rende tutti i partecipanti attori dello stesso progetto.

    ARTDATE 2019 ESSERE PARTE/BEING PART OF | 14.11.2019 - 17.11.2019
    [== ARTDATE == 2019 === ESSERE === PARTE === BEING == PART ==== OF ==== 14.11.2019 ======= 17.11.2019 =]

    Giovedì 14, venerdì 15, sabato 16 e domenica 17 Novembre, Bergamo ospita la nona edizione del Festival di arte contemporanea ArtDate, per la prima volta organizzato in autunno, protagonista di una programmazione culturale della città che si dispiega lungo tutto l’anno.
    Diventato nel corso del tempo un punto di riferimento capace di avvicinare e promuovere l’arte contemporanea presso un pubblico ampio e diversificato, la nona edizione del Festival presenta numerose novità di rilievo, dando principale attenzione alle tematiche di accessibilità e partecipazione.
    Essere Parte / Being Part Of, sviluppato attorno a 6 sezioni tematiche (Show Time, Talk, Collezioni e Dimore, Studio Visit, Kids, ArtErasmus), è una riflessione estesa sul significato di condivisione, che parte dal corpo umano e si estende fino al corpo sociale e politico.
    Il tema attorno cui si sviluppa il Festival è legato all’importanza dell’attività e dell’autonomia del singolo operante all’interno di un sistema che lo sostiene e ne valorizza l’unicità, un’analisi sulla cooperazione nel rispetto della contestuale indipendenza.
    Come in un organismo, in cui la salute e l’autosufficienza delle parti sono funzionali al benessere del corpo che le ospita, così le varie realtà che partecipano ad ArtDate conservano e coltivano una loro singolarità, ma nella convinzione che coordinandosi sia più semplice ottenere il proposito prefisso:
    nella fattispecie, la crescita e il potenziamento della vita culturale della città.
    L’impegno collettivo si sposa dunque con l’alto grado di autonomia e iniziativa individuale in favore del perseguimento dell’intento condiviso.
    Il Festival si sviluppa in più di 30 appuntamenti che coinvolgono tutta la città di Bergamo. Sono presentati i lavori di oltre 100 artisti e all’interno dei progetti sono coinvolte prestigiose istituzioni quali GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Dipartimento Educazione Castello di Rivoli, Museo d’Arte Contemporanea, BeGo – Museo Benozzo Gozzoli, MAMbo –Museo d’Arte Moderna di Bologna, Museo Thyssen Bornemisza di Madrid e TATE Modern di Londra.

    IN PRATICA
    [= IN === PRATICA =]

    La Residenza IN PRATICA è il progetto vincitore del bando “Per Chi Crea”, sostenuto da Mibac e SIAE, realizzato in collaborazione con AIR – artinresidence e in partnership con da FAREViaindustriae. Da ottobre a novembre 2019, 6 artisti italiani under 35, selezionati da una giuria internazionale, realizzano un programma di residenza tra Foligno e Bergamo.

    Gli artisti sono stati scelti tra i candidati dalle residenze della rete di AIR-artinresidence chiamate a collaborare al progetto proponendo ciascuna fino a un massimo di due artisti italiani under 35.

    I vincitori sono:

    Giovanni Chiamenti candidato da VIR Viafarini-in-residence, Matteo Coluccia candidato da GuilmiArtProject, Edoardo Ciaralli candidato da GuilmiArtProject, Mattia Ferretti candidato da Diogene-Bivaccourbano, Ludovico Orombelli candidato da R.A.M.O. Ritratto a Mano e Roberto Memoli candidato da RAMDOM.

    La giuria che ha selezionato gli artisti vincitori è composta da Stefano Raimondi, Carlo Sala e Eugenio Viola.

    Premio Matteo Olivero 40a EDIZIONE
    PREMIO MATTEO OLIVERO
    Premio Matteo Olivero 40a EDIZIONE

    Photo credits: Nadia Pugliese



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    L’opera vincitrice, Analemma, è stata proposta dal duo di artisti newyorkese Mark Barrow & Sarah Parke, ed è stata allestita presso Cappella Cavassa, una sala rinascimentale inserita nel chiostro del convento di San Giovanni a Saluzzo. L’opera è tutt’ora presente nella Cappella.

    La 40a edizione del Premio Matteo Olivero ha invitato attraverso una open call artisti italiani e internazionali, senza limiti di età e di utilizzo dei mezzi espressivi, alla progettazione di una mostra personale sul tema Ricordare la memoria.

    Il totale delle candidature pervenute per partecipare al Premio ammonta a 336. A giudicarle è stata una giuria composta da:

    Stefano Raimondi, Direttore di The Blank Contemporary Art e Direttore Artistico di ArtVerona
    Eva Fabbris, storica dell’arte e curatrice della Fondazione Prada di Milano
    Leah Pires, scrittrice e curatrice
    Roberto Giordana, vicepresidente della Fondazione CRC di Cuneo
    Arturo Demaria, membro della Fondazione Amleto Bertoni

    Premio Matteo Olivero 41a EDIZIONE
    PREMIO MATTEO OLIVERO
    Premio Matteo Olivero 41a EDIZIONE



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    L’edizione 2019 del Premio Matteo Olivero è stata la prima ad adottare il format su invito, che ha poi mantenuto.

    L’edizione 2019 ha visto come artista vincitore il colombiano Santiago Reyes Villaveces (1986). A nominarlo è stato Eugenio Viola.
    L’opera Harp è stata allestita nella Sacrestia della Chiesa di Sant’Ignazio, a Saluzzo. L’opera è stata donata dall’artista alla Città ed è tutt’ora presente all’interno della Sacrestia.

    A selezionare gli artisti sono stati i seguenti advisor internazionali:

    Lorenzo Balbi, Michael Bank Christoffersen, Andrew Berardini, Ginevra Bria, Andrea Bruciati, Emily Butler, Domenico De Chirico, Julia Draganovic, Fredi Fishli, Sara Fumagalli, Georgia Horn, Denis Isaia, Ellen Kapanadze, Lara Khaldi, Sam Korman, Luca Lo Pinto, Simone Menegoi, Bernardo Mosqueira, Alberta Romano, Sona Stepanyan, Marianna Vecellio, Saverio Verini, Eugenio Viola, Xiaoyu Weng.

    Gli artisti selezionati per la 41a edizione sono stati:

    Paola Angelini, Riccardo Arena, Mehraneh Atashi, Ruth Beraha, Luca Bertolo, Bruno Botella, Benji Boyadgian, Dachal Choi, Fabrizio Cotognini, Pauline Curnier Jardin, Anne De Boer, Aria Dean, Paul Eastwood, Farhad Farzali, Francesco Gennari, Oscar Giaconia, Corinna Gosmaro, Ayrson Heraclito, Jacob&Manila, Gvantsa Jishkariani, Andre Komatsu, Phanos Kyriacou, Leigh Ledare, Isaac Lythgoe, Andrea Mastrovito, Luca Monterastelli, Jade Montserrat, Sveta Mordovskaya, Ebechova Muslimovam Oren Pinhassi, Gala Porras Kim, Carlos Reyes, Santiago Reyes Villaveces, Adam Stamp, Jennifer Taylor, Rebecca Topakian, Nicola Verlato, Jan Vorisek, Jakub Woynarowski, Zapruder, Davide Zucco.

    A giudicare i progetti pervenuti è stata una giuria composta da:

    Stefano Raimondi, Direttore di The Blank Contemporary Art e Direttore Artistico di ArtVerona
    Chrissie Iles, Curatrice del Whitney Museum di New York
    Nicola Ricciardi, Direttore delle OGR di Torino
    Roberto Giordana, Vice Direttore Generale della Fondazione CRC di Cuneo
    Arturo Demaria, membro della Fondazione Amleto Bertoni

    Premio Matteo Olivero 42a EDIZIONE
    PREMIO MATTEO OLIVERO
    Premio Matteo Olivero 42a EDIZIONE

    Photo credits: Chiara Bruno



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    È l’artista tedesco Veit Laurent Kurz il vincitore della 42° edizione del Premio Matteo Olivero.
    L’inaugurazione della mostra, dopo esser stata rimandata a causa dell’emergenza coronavirus, si è tenuta il 2 ottobre 2020 presso la Sala “de Foix” di Casa Cavassa (Saluzzo, Piemonte).

    Ad assegnare questa edizione del Premio una giuria internazionale composta da:

    Marianna Vecellio, curatrice del Castello di Rivoli di Torino
    Ruba Katrib, curatrice del MoMA PS1 di New York
    Stefano Raimondi, Direttore di The Blank Contemporary Art e Direttore Artistico di ArtVerona
    Roberto Giordana, vicepresidente della Fondazione CRC di Cuneo
    Arturo Demaria, membro della Fondazione Amleto Bertoni.

    A segnalare l’artista vincitore è stata Caterina Molteni (Curatrice indipendente), che come altri professionisti del settore ha preso parte in qualità di advisor al Premio: Ilaria Bonacossa (Direttrice di Artissima, Torino), Michele Bonuomo (Direttore del mensile «Arte»), Elisa Carollo (Consulente d’arte), Irene Sofia Comi (Curatrice indipendente e critica d’arte), Laura Copelin (Direttrice esecutiva e curatrice Ballroom Marfa), Alfredo Cramerotti (Direttore MOSTYN, Galles), Giacinto Di Pietrantonio (Professore di Storia dell’Arte Accademia di Brera, Milano, Critico e Curatore Indipendente), Matilde Galletti (Storica d’arte, critica e curatrice), Matteo Ghidoni (Architetto ed editore), Antonio Grulli (Critico d’arte e curatore indipendente), Laura Lecce (Buyer per la sezione Design+Art del gruppo Yoox Net-A-Porter), Hanne Mugas (Direttrice Kunsthall Stavanger), Andrea Neustein (Curatrice indipendente), Letizia Ragaglia (Direttrice Museion, Bolzano), Maria Chiara Valacchi (Fondatrice spazio non-profit Cabinet di Milano), Benjamin Weil (Direttore artistico Centro Botín, Santander).

    Gli artisti selezionati per la 42a edizione sono: Rosa Aiello, Olì Bonzanigo, Alfonso Borragán, Guendalina Cerruti, Roberto Coda Zabetta, Keren Cytter, Louis De Belle, Violet Dennison, Sarah Entwistle, Irene Fenara, Miguel Fernández de Castro, Anna Franceschini, Emily Jones, Veit Laurent Kurz, Sonia Leimer, Hanne Lippard, Marcovinicio, Silvia Mariotti, Ornaghi & Prestinari, Edoardo Piermattei, Giuliana Rosso, Gabriel Rico, Oscar Santillan, Lise Stoufflet, Patrick Tuttofuoco, Alice Visentin, Kennedy Yanko, Italo Zuffi.

    IRENE FENARA | TÈ E BISCOTTI
    [= IRENE FENARA = TÈ E BISCOTTI =]

    THE BLANK KITCHEN
    IRENE FENARA
    TÈ E BISCOTTI
    Venerdì 24 gennaio 2020, ore 9:30-12
    Studio di Irene Fenara
    Fondazione Collegio Artistico Venturoli
    via Centotrecento 4, Bologna



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    Venerdì 24 gennaio, The Blank propone The Blank Kitchen | Irene Fenara – Tè e biscotti, appuntamento culinario organizzato in occasione della Bologna Art Week presso lo studio di Irene Fenara a Bologna dalle 9:30 alle 12:00.

    The Blank Kitchen nasce con il desiderio di far entrare alcuni dei più interessanti artisti del panorama internazionale in relazione con gli appassionati d’arte e i curiosi attraverso uno strumento trasversale e conviviale come quello del cibo e della cucina.

    Nata a Bologna nel 1990, Irene Fenara è un’artista italiana che lavora soprattutto con la video installazione e la sperimentazione fotografica, incentrata sull’interazione con le fotocamere di sorveglianza. La sua ricerca indaga il concetto di tempo e memoria, lavorando con immagini che ribaltano i punti di vista e generano situazioni di disorientamento spaziale, “con un occhio rivolto alle tecnologie e l’altro al cielo”.

    ITALIAN COUNCIL 2019 - GIAN MARIA TOSATTI
    [=== ITALIAN ==== COUNCIL == 2019 ======= GIAN ==== MARIA = TOSATTI ===]

    [= Episodio di Odessa =]

    Talk:
    Around the end of the world or about the end of mankind
    8 dicembre ore 18.00 (ora italiana)

    Kyiv – IZONE, Naberezhno-Lugova St, 8
    Talk organizzata da Izolyatsia – Platform for Cultural initiatives, The Blank Contemporary Art, l’Ambasciata d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura di Kiev, in occasione della Giornata del Contemporaneo, iniziativa promossa da AMACI (Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani).

    Info:
    Return to Odessa
    Museum of Contemporary Art, Odessa
    12 dicembre, 19.00
    La mostra è visitabile dal 14 dicembre al 15 gennaio 2021
    Odessa, spiaggia del lago Kuyalnyk, Ucraina

    [= Episodio di Istanbul =]



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    The Blank Contemporary Art è lieta di essere tra i vincitori dell’Italian Council (settima edizione, 2019), programma di promozione di arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.

    Il Ministero ha premiato il progetto dell’artista Gian Maria Tosatti Dittico del Trauma, che ha come obiettivo quello di mostrare gli aspetti controversi di determinati contesti europei, realizzando dei “ritratti” della società privi di posizioni politiche personali o di convinzioni arbitrarie. Nello specifico l’artista indaga i panorami offerti dai contesti dell’Ucraina (Episodio di Odessa) e della Turchia (Episodio di Istanbul), luoghi emblematici dell’Europa contemporanea in cui si è consumato un trauma che ne ha alterato fortemente il tessuto culturale, politico e territoriale. I lasciti vengono esaminati dal punto di vista intimo e umano del cittadino sul quale inevitabilmente incidono, mettendone in discussione l’identità.

    L’artista realizzerà due installazioni ambientali, una per ogni area. La restituzione finale dell’intera esperienza avverrà nella città di Bergamo, in una mostra che racchiuderà i due “episodi” che, facenti parte dello stesso progetto, andranno a formare il Dittico del Trauma.
    Il progetto sarà accompagnato dalla realizzazione di un catalogo che documenterà le mostre e includerà testi critici volti a testimoniare lo stato attuale della nostra civiltà e immagini di documentazione degli interventi. Il catalogo sarà presentato ufficialmente in occasione della mostra a Bergamo.

    Progetto realizzato in collaborazione con: RUFA – Rome University of Fine Arts (Roma, Italia), Accademia di belle arti di Napoli (Napoli, Italia), IZOLYATSIA. Platform for Cultural Initiatives (Kiev, Ucraina), Depo (Istanbul, Turchia).

    Gian Maria Tosatti (Roma, 1980) è un artista visivo.
    I suoi progetti sono indagini di lunga durata su specifici temi legati al concetto di identità dal punto di vista politico e spirituale. Il suo lavoro consiste principalmente in installazioni site specific di larga scala, concepite per interi edifici o aree urbane. La sua pratica coinvolge spesso le comunità dei luoghi in cui opera. Nel 2015 ArtReview lo ha inserito nella lista dei trenta artisti più interessanti della sua generazione (Future Greats). Nel 2014 la rivista internazionale Domus ha incluso la sua installazione My dreams, they’ll never surrender tra le dieci migliori mostre al mondo per quell’anno. Tosatti è anche giornalista, editorialista per il Corriere della Sera e per la rivista Opera Viva, scrittore di saggi sull’arte e sulla politica.
    Il suo lavoro è stato esposto all’Hessel Museum del CCS BARD (New York – 2014), al museo MADRE (Napoli – 2016), al Lower Manhattan Cultural Council (New York – 2011), alla Galleria Nazionale (Roma – 2017), al Petah Tikva Museum of Art (Petah Tikva – 2017), al Museo Archeologico di Salerno (Salerno – 2014), all’American Academy in Rome (Roma – 2013), al Museo Villa Croce (Genova – 2012), al Palazzo delle Esposizioni (Roma – 2008), al Chelsea Art Museum (New York – 2009), alla BJCEM (2014).

    VISITE GUIDATE ACCESSIBILI
    VISITE GUIDATE ACCESSIBILI

    LISten Project organizza visite guidate accessibili in Lingua dei Segni Italiana a collezioni permanenti, mostre temporanee e installazioni. Le visite guidate sono condotte da mediatori culturali LIS in grado di progettare percorsi tematici e modulari e di interagire direttamente con il pubblico in LIS senza il bisogno della mediazione di un interprete.

    Premio Matteo Olivero 43a EDIZIONE
    PREMIO MATTEO OLIVERO
    Premio Matteo Olivero 43a EDIZIONE

    Photo credit: Giuseppe D’Anna



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    È Roberto Pugliese il vincitore del 43° Premio Matteo Olivero.

    La giuria composta da Ilaria Bonacossa, dal 2017 direttrice di Artissima Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea di Torino, Alessandro Rabottini critico d’arte, curatore e direttore artistico della Fondazione In Between Art Film, Arturo Demaria consigliere della Fondazione Amleto Bertoni, Roberto Giordana vicedirettore generale della Cassa di Risparmio di Cuneo insieme a Stefano Raimondi curatore del Premio, dal 2010 direttore di The Blank Contemporary Art e dal 2020 direttore artistico di ArtVerona ha assegnato all’unanimità il Premio Matteo Olivero 2021 a ROBERTO PUGLIESE con il progetto Sinestesia Eco

    L’opera, un’installazione sonora che sarà collocata sulla facciata del nuovo Centro Studi sulle Tastiere Storiche di Saluzzo, creerà un dialogo armonico tra i contenuti e gli strumenti presenti all’interno del Centro Studi e l’architettura esterna, trasformando l’edificio in un modello di Palazzo Musicale. Sinestesia Eco, quale cassa armonica delle attività di composizione del Centro Studi, metterà in dialogo passato e presente, unendo la tradizione musicale classica alle sperimentazioni elettroniche contemporanee. La natura al tempo stesso visiva e uditiva dell’opera sarà capace di interagire e coinvolgere la comunità del territorio e di essere al tempo stesso motore di un percorso culturale che la città di Saluzzo ha attivato attraverso il Premio Matteo Olivero. 

    La giuria ha inoltre attribuito due menzioni speciali a Raffaela Naldi Rossano e Eugenio Tibaldi per le proposte presentate e riconosce la grande qualità di tutti i progetti presentati ringraziando gli artisti e gli advisor che hanno preso parte al premio.

    A segnalare i 27 finalisti del premio sono stati infatti prestigiosi advisor del panorama internazionale: Jessica Bianchera (storica dell’arte, curatrice indipendente e project manager, direttore artistico di Spazio Cordis e presidente di Urbs Picta), Daniele De Luigi (curatore di Fondazione Modena Arti Visive), Sara Dolfi Agostini (curatrice di Blitz Valletta, Malta), Rossella Farinotti (critica d’arte contemporanea e di cinema), Ilaria Gianni (co-fondatrice del Magic Lantern Film Festival), Lucrezia Longobardi (critica d’arte e curatrice indipendente), Matteo Lucchetti (curatore e scrittore), Lorenzo Madaro (Curatore d’arte contemporanea e docente di Storia dell’arte e Fenomenologia delle arti contemporanee nell’Accademia di Belle Arti di Lecce), Angel Moya Garcia (critico e curatore, è responsabile della programmazione del Mattatoio, Roma), Claudio Musso (critico d’arte, curatore indipendente, docente presso l’Accademia G. Carrara di Belle Arti di Bergamo), Domenico Quaranta (critico d’arte contemporanea, curatore e docente), Silvia Salvati (curatrice al Museo MADRE, Napoli), Valentina Tanni (storica dell’arte, curatrice e docente), Francesco Tenaglia (giornalista e direttore artistico dello spazio espositivo Sgomento Zurigo, Zurigo), Alessandra Troncone (storica dell’arte, curatrice e co-direttrice artistica di Underneath the Arches).

    Il percorso di selezione, quest’anno finalizzato alla valorizzazione e al supporto di artisti italiani e residenti in Italia, ha candidato al Premio Matteo Olivero Filippo Berta, Letizia Calori, Lucia Cristiani, Daniele D’Acquisto, Giuseppe De Mattia, Antonio Della Guardia, Federica Di Pietrantonio, Binta Diaw, Christian Fogarolli, Ettore Favini, Riccardo Giacconi, Alberto Gianfreda, Norma Jeane, Mariangela Levita e Domenico Crisci, Jacopo Mazzonelli, Raffaela Naldi Rossano, Alek O., Parasite 2.0 e Ludovica Galletta, Donato Piccolo, Roberto Pugliese, Margherita Raso, Marinella Senatore, Michele Spanghero, Marco Strappato, Eugenio Tibaldi, Gian Maria Tosatti

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    A CENA CON L'ARTISTA | ADELITA HUSNI - BEY | 04.10.13