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    TB BOARD | INTERVISTA ALL'ARTISTA - VIOLET DENNISON
    TB BOARD | INTERVISTA ALL'ARTISTA - VIOLET DENNISON
    [== TB === BOARD ==== INTERVISTA === ALL === ARTISTA ===== VIOLET == DENNISON ===]
    Violet Dennison
    Dance Dance Revolution, 2019
    Two Channel Video and Audio Installation. Dimensions vary
    Kunsthalle Stavanger 2019


        [== LINK ==]

    INTERVISTA A VIOLET DENNISON
    Laura Baffi

    Laura Baffi – Qual è il filo rosso – o meglio, vista la tua ricerca, il filo conduttore – dei tuoi lavori?
    Violet Dennison – La mia pratica artistica è sempre stata influenzata dalla tecnologia e dalle infrastrutture che contaminano il corpo umano.

    LB – Molti tuoi lavori parlano di frequenze e onde elettromagnetiche e sonore. Da dove nasce il tuo interesse per l’invisibile udibile?
    VD – Inizialmente sono stata attratta dalla scala dello strato di flusso elettromagnetico e dal suo modo di agire come un iperoggetto – come definito da Timothy Morton. Ciò mi ha portata a chiedermi se le reti wireless possono funzionare come “Ki” o energia spirituale.
    Il mio primo lavoro sulle frequenze risale al 2017 e includeva i transponder a radiofrequenza. In quel periodo cominciai a fare ricerche sulle applicazioni delle frequenze sonore e delle onde elettromagnetiche. Alcune tecnologie specifiche influenzarono direttamente la mia mostra presso la Kunstverein Freiburg, come per esempio lo strumento Marketing ‘Beacons’, che rintraccia i consumatori tramite frequenze ultrasoniche. Uso la tecnologia Data-over-sound come parte di un’opera della mostra. Questa tecnologia è essenzialmente un codice Morse comunicato esternamente tramite altoparlanti che solo gli strumenti elettronici possono percepire.

    LB – La tua intenzione nel video Dance Dance Revolution è che lo spettatore entri in un circolo di ripetitività? Tu personalmente sei o sei stata una frequentatrice delle sale giochi?
    VD – Non sono mai stata una cliente abituale della sala giochi. A casa però giocavo a molti videogiochi; difatti il primo ricordo che ho di me che interagisco con un computer è mentre uso un videogioco. 

    LB – I colori che adoperi per le cosiddette “pause” tra una seduta di gioco e l’altra contribuiscono a trasmettere uno stato di trance, proiettando lo spettatore nella dimensione straniante del gioco. Quella che dovrebbe essere una pausa diviene un proseguimento sia nella visione, sia nell’ascolto dell’opera: lo spettatore rimane vigile e attivo.
    La “riprogrammazione” potrebbe avere una doppia valenza: disturbante e terapeutica. L’animazione vorrebbe distrarci o renderci ancor più partecipi? Rilassarci e avere un effetto benevolo su chi la guarda (penso alla cromoterapia) o infastidirci?
    VD – Come giustamente sottolinei, funziona in vari modi. Mi piace pensare che funzioni in modo simile al gioco della sala giochi, Dance Dance Revolution in quanto, attraverso le “pause”, crea sia dipendenza sia uno stato di trance. La “pausa” dell’animazione, come da te messo in luce, crea una sorta di imprevedibilità nel video, lasciando lo spettatore in attesa della prossima sessione di gioco. Lo stato di trance viene creato attraverso un ritmo visivo e uditivo che emula il trattamento psicoterapico, la desensibilizzazione dei movimenti oculari e la rielaborazione. Questa esperienza crea una stimolazione bilaterale del cervello.

    LB – Il movimento del ballerino – del quale vediamo inquadrate le sneakers – velocizzandosi diventa quasi ridicolo, fino ad apparire come la parodia di una danza macabra dove ci si lascia andare in uno stato riflessivo.
    Ho letto in Dance Dance Revolution un tentativo di simbiosi tra l’essere umano e la macchina, che giunge a un punto-limite: anche se ci si regge alla barra di sicurezza, oltre una certa velocità non si può andare.
    A tal proposito Siegfried Zielinski, teorico dei media tedesco, afferma che “l’uomo è la miglior macchina.” Cosa ne pensi di questa affermazione?
    VD – Modificherei questa affermazione per dire che “gli esseri umani sono migliori con le macchine.” Gli esseri umani sono potenziati dalle tecnologie come gli Apple Watch o i vaccini. È un rapporto simbiotico in cui il sé, la coscienza e l’anima sono completati da un’analisi e da un cloud storage illimitato, per esempio.
    Vedo la tecnologia come un’estensione del corpo umano. La descrizione che hai dato di Dance Dance Revolution mette in evidenza questa relazione. L’Arcade Game addestra il giocatore a essere un surrogato iperattenzioso della macchina. Insegna movimenti strani e tattici che migliorano le prestazioni e rilasciano endorfine.
    Dance Dance Revolution modella il corpo umano, la mente e lo spirito attraverso il controllo. Inventiamo situazioni fittizie e ci trasformiamo per farne parte. 

    LB – In Rete ho trovato un tuo vecchio progetto davvero interessante! Mi riferisco a Violet’s Café: potresti parlarcene, magari partendo dalla scelta del suo nome?
    VD – Violet’s Café è stato uno spazio sperimentale gestito da me, Scott Keightley e Graham Hamilton dal 2013 al 2015. Abbiamo concepito il progetto mentre lavoravamo tutti insieme in un ristorante (eravamo cameriere, cameriera e barista). Il nome deriva da questa esperienza e, come omaggio alla sua concezione, servivamo sempre il cibo alle inaugurazioni. Spesso il cibo era un’estensione dell’opera d’arte, compreso il nostro “vino da performance d’annata”. Il nome ha fatto sì che si creasse una autorialità sfuocata, poiché collaboravamo tra di noi e con gli amici. È stato un progetto divertente e mi manca molto. Lo spirito del Violet’s Café può essere racchiuso in una frase che Scott direbbe: “non possiamo fallire perché è un esperimento.”

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