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    TB BOARD | INTERVISTA A BENEDIKT HIPP
    TB BOARD | INTERVISTA A BENEDIKT HIPP
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    INTERVISTA A BENEDIKT HIPP
    ELISA MUSCATELLI

    Elisa Muscatelli – Come descriveresti la tua pratica artistica a un pubblico che la incontra per la prima volta? 

    Benedikt Hipp – Ho sempre ritenuto difficile riassumere tutto in poche frasi, perché sembra la descrizione di un prodotto. Se entri in contatto con un’opera d’arte o un artista, questo può diventare un primo punto di partenza per un dialogo per entrambi, in un modo o nell’altro. Quindi vorrei rispondere in modo molto generale: naturalmente, come si nota, il corpo per esempio gioca un grande ruolo nei miei lavori, così come il mio interesse per il rituale o i feticci o per le tecniche, come le vecchie tecniche della cottura a legna, che è una tecnica che utilizzo per le mie ceramiche ad esempio.

    EM – La figura dell’occhio popola il tuo immaginario, dalla distopia di Votive eyes (transformed), 2016, che firma la landing del tuo sito a  Enlarged chip implant (ancient recordings) N° 5, 2018,  fino alla serie Neonatal Refractions, dove diviene un elemento scrutante seppur nascosto. Come ti rapporti a questo simbolo?

    BH – Beh diciamo che l’occhio in particolare, ma anche altre parti del corpo, provengono dall’ambiente in cui sono cresciuto, nell’officina dei miei genitori e dei miei nonni dove si producevano ex voto in cera da una centinaia di anni. Da piccolo sono cresciuto tra  parti di corpo di cera colata e molto spesso le usavo come giocattoli. Poi naturalmente, negli anni 70 e 80  nel Sud della Germania questa pratica si è estinta ed è diventata inusuale, e così oggi al posto dell’officina si può trovare un piccolo museo a rappresentanza di quella tradizione.

    EM – Le tue opere presentano spesso delle forme surreali che cercano di definire se stesse e il proprio spazio. Che connotati assume per te questa ricerca di esistenza?

    BH – I corpi sono continuamente in transizione e cambiamento non solo nella fisionomia, ma anche nella percezione sociale. Diamo un’occhiata agli ultimi vent’anni e pensiamo all’idea di corpo e a quante questioni riguardanti il corpo umano sono diventate importanti fonti di discussione, per sviluppare e produrre  nuove idee. Non so cosa voglia dire mostrare, avere o essere un corpo reale o una figura surreale. Penso che il termine surreale possa essere usato per descrivere un certo periodo nel secolo scorso, ma se si guarda nella storia recente o passata dell’arte, le statuette, i personaggi, i corpi, le loro presentazioni e rappresentazioni sono molto di più di una semplice raffigurazione naturalistica.

    EM – Nel video Treatment of 15 – 18 gram (pneumopathologic studies)  lavori con un pettirosso fino ad alterarne la forma iniziale attraverso la cera. Quale è il tuo rapporto con la materia organica e il suo stato di trasformazione costante?

    BH – Sì, come ho detto prima, sono molto  interessato alla transizione, e questa è anche la parte interessante del processo di cottura a legna della ceramica, questo grande processo di transizione che va dalla ricerca, allo scavo, alla pulizia a preparazione dell’argilla, fino alla formazione dell’oggetto. Il processo di cottura impiega molti giorni e questo è qualcosa di veramente affascinante. Tutto ciò, in qualche modo, mi ha insegnato molto sulla vita e sull’idea dell’aspettare e dell’accettare.
    L’opera  Treatment of 15 – 18 gram è un lavoro del 2014. Il video dell’installazione l’ho girato in Grecia e in realtà è  un remake di un lavoro performativo che ho fatto durante i miei studi a Norimberga, ma in quel momento ero da solo e non avevo possibilità di  documentare l’azione. In Grecia purtroppo ci sono molti animali morti  che infestano le strade e un giorno ho trovato un pettirosso e così ho deciso di agire facendo la stessa cosa fatta 15 anni fa. Il peso approssimativo di un pettirosso è dai 15 ai 18 grammi.

    EM – C’è un riferimento artistico, letterario o cinematografico che ha avuto particolare impatto nello sviluppo della tua carriera artistica e personale?

    BH – Sì, ovviamente ci sono molti nomi che hanno avuto impatto sul mio lavoro. Ad esempio ricordo molto bene durante i miei studi il cortometraggio The perfect human di Jørgen Leth, del 1967, che ebbe un grande impatto su di me. Sono presenti anche alcuni studi  di artisti come Giorgio Morandi, Fra Angelico, Agnes Martin, Louise Bourgeois o Francis Bacon, e scrittori come Georges Didi Huberman, Boris Groys o lo storico d’arte Jörg Scheller con il quale ho lavorato per molti anni. La lista è veramente lunga e al momento sto leggendo libri tecnici riguardo la ceramica, la neurofisica, la sociologia  le piante e i giardini.

     

    Treatment of 15 – 18 gram (pneumopathologic studies), 2015 videoloop, 10 min, loam, grass, branches, linseed oil, cement, epoxy, digital frame, aluminium cast, approx. 175 x 77 x 77 cm.
    Credits: Galerie Kadel Willborn, Düsseldorf and the Artist.
    Video completo

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