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    CARLO LEIDI, VITE PARALLELE DA FOTOGRAFO - CALVAIRE BRETONI
    CARLO LEIDI, VITE PARALLELE DA FOTOGRAFO - CALVAIRE BRETONI
    [= CARLO ===== LEIDI ==== VITE ==== PARALLELE ==== DA === FOTOGRAFO ==== CALVAIRE ==== BRETONI ==]
    QUARENGHICINQUANTA
    01.07.17 - 15.07.17

    opening: sabato 1 luglio, ore 18.00
    giovedì – sabato: 15,30 – 19,00

    via Quarenghi 50, Bergamo (interno cortile)



        [== LINK ==]

    Prosegue sino al 22 luglio la rassegna fotografica “Carlo Leidi, vita parallela da fotografo”, con mostre tematiche che si svolgeranno a Bergamo negli spazi espositivi della galleria Quarenghicinquanta, della porta Sant’Agostino e della galleria Ceribelli.
    Questa volta il tema è legato alla religiosità popolare, che Carlo Leidi ha saputo ben interpretare con memorabili immagini scattate in varie occasioni di culto o di viaggio, sia a Bergamo che in altre parti del mondo.
    Quarenghicinquanta, che con l’Archivio Carlo Leidi ha progettato e organizzato tutti gli appuntamenti della rassegna, è lieta di esporre le opere raffiguranti i calvaires bretoni.
    La mostra sarà allestita allo spazio fotografia di via Quarenghi, 50 (interno cortile) dal 1° al 15 luglio. L’inaugurazione si terrà sabato 1° luglio alle 18 e nei giorni successivi si potrà visitare da giovedì a sabato dalle 15.30 alle 19.
    Anche a questa esposizione, come per le altre mostre inserite in questo progetto, è abbinato un evento collaterale: si tratta di un seminario di Mario Cresci sulla figura di Carlo Leidi fotografo in programma mercoledì 5 luglio alle 18 alla sala Galmozzi a Bergamo in via Tasso, 4.
    Gli ingressi alle mostre a agli eventi collaterali sono gratuiti.

    I calvaires bretoni rappresentano un fenomeno unico come la terra che li ha prodotti, la celta Bretagna, e certificano la volontà di preservare integra la propria identità culturale.
    Sono i suoi calvari, presenti nei complessi parrocchiali recintati, simbolo dell’arte cristiana, frutto dell’opera di artigiani e di artisti poco famosi,realizzati tra il XVI e il XVIII secolo nello scuro granito bretone.
    Scolpiti in verticale, i Calvari, raccontavano i testi sacri, la vita di Cristo e dei Santi per immagini, con al centro la Passione e il Calvario. L’obiettivo era quello di farsi capire anche dalla gente semplice che non sapeva leggere. Per questo le figure sono ben definite con le teste sproporzionate rispetto al corpo per facilitare la comprensione delle espressioni. Venivano costruiti e commissionati a scultori e artigiani per ringraziare la divina provvidenza per aver per esempio risparmiato il paese dalla peste o per chiedere perdono per chissà cosa. Spesso ad un calvario é associata una festa del perdono (appunto) a una data precisa dell’anno con processioni e costumi locali. Complessi religiosi di questo tipo sono molto numerosi in Bretagna: ne esistono una settantina soltanto nella Bassa Bretagna.
    Nei complessi parrocchiali bretoni sono presenti elementi riconducibili forse alla religione celtica, in particolare alle concezioni sulla morte che – tra i Celti – non era vista come un evento terribile, ma come un qualcosa strettamente legato alla resurrezione, paragonato al sole che sorge e tramonta e che, quindi, non va nascosta, ma resa il più possibile “familiare”.
    Il fiorire di questo tipo di architettura si deve al fervore religioso della gente e alle missioni evangelizzatrici.
    È collegato inoltre all’ascesa dei commerci marittimi e dell’industria del lino tra il XVI e il XVIII secolo: i commercianti di questi settori fornivano infatti i fondi necessari per la realizzazione dei complessi parrocchiali. Accadeva così che in Bretagna – formata a quei tempi da pochi centri urbani e molti villaggi rurali – le varie parrocchie rivaleggiassero addirittura tra loro per vedere chi costruiva il complesso più bello.
    Alcuni calvari presentano centinaia di personaggi e l’attenzione degli artisti bretoni, in sostanza anonimi artigiani, appare tutta concentrata sui volti, nella espressione degli stati d’animo dei vari personaggi.

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