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    SECTION - ELENA ANOSOVA
    SECTION - ELENA ANOSOVA
    [= SECTION === ELENA ===== ANOSOVA =]
    QUARENGHICINQUANTA
    26.11.16 - 10.12.16

    Giovedì e venerdì : h. 16.00 – 19.30
    Sabato e domenica: h. 10.00 – 12.30 / 16.00 – 19.30

    Via Quarenghi, 50
    24122 Bergamo (interno cortile)

    info@quarenghicinquanta.org
    www.quarenghicinquanta.org



        [== LINK ==]

    Questo progetto è sulle donne. L’autore avvicina il proprio sguardo sull’interazione dinamica dei processi di isolamento e sorveglianza, alle qualità uniche delle relazioni sociale ed emotive all’interno di società femminili. L’autrice ha passato alcuni mesi lavorando in penitenziari femminili in Siberia.
    In modo paradossale, in Russia, una quasi esultante romanticizzazione della prigione coesiste con uno schizzinoso rifiuto della routine giornaliera della prigione, delle abitudini delle persone rinchiuse. Mentre lavorava al Progetto, l’autrice ha realizzato che la comunità all’interno della prigione è un modello della nostra società. La demolizione ed erosione degli ultimi vestigi delle detenute stanno accelerando ovunque.
    La pressione tangibile è giustificata dalla sua natura preventiva. Con l’avvento di internet e della moderna tecnologia, vari sistemi di controllo son diventati parte della nostra vita quotidiana. La sorveglianza totale di tutti gli aspetti della nostra vita sociale è ora possibile. Nessuno è protetto. A un livello macro-sociale, questo controllo è stato possibile grazie a una fitta rete di decreti amministrativi, mentre a livello micro-sociale viene imposto tramite una serie di regole non dette. Nello spazio ridotto di una prigione, una donna può sempre essere guardata, osservata. Viene privata di ogni possibilità di esser sola, sia questa fittizia o immaginaria. Molti anni di nudità complete e la perdita di uno spazio intimo storpiano la personalità che viene messa in una società senza pietà.

    Il progetto Section di Elena Anosova ha vinto il premio World.Report Award 2015 – Spot Light Award, con la seguente motivazione: mostra donne condannate a scontare pene di varia lunghezza nelle prigioni siberiane e affronta il soggetto da un punto di vista originale e pieno di sensibilità. Invece di raccontare la vita quotidiana all’interno della struttura di detenzione, la fotografa sceglie di presentarci le detenute in ritratti singoli o a coppie in cui lo spazio del carcere è ridotto al minimo, diventando un sfondo neutro.
    E’ come se la cornice del ritratto restituisse a queste donne un momento di sospensione dall’isolamento e dalla sorveglianza costante, un momento intimo, di raccoglimento con se stesse, al riparo dalla visibilità senza tregua a cui sono sottoposte. Le donne sono fotografate senza giudizio, con onestà e delicatezza, e si offrono all’osservatore nella loro umanità e vulnerabilità. La giuria, dopo un confronto attento e approfondito, ha assegnato il premio all’unanimità.

    Nata nel 1983, originaria della pittoresca regione del Baikal, nel 2006 si diploma in Technology of art processing of materials, ISTU, Irkuts, Russia e dal 2011 vive a Mosca. Dal 2013 studia alla Rodchenko Moscow School of Photography and Multimedia, nella sezione dedicate alla fotografia documentaristica.

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